La consulenza finanziaria disorienta il cliente

La consulenza non si crea con un albo ed un’etichetta ma con la professionalità e la deontologia. La deontologia si deve assumere come comportamento per tre motivi che enuncio in termini di decrescenza di valore:
– Convinzione: essere deontologici perchè è la logica e la correttezza professionale che lo impone.
– Convenienza: la deontologia è pagante perché, nel tempo, viene riconosciuta dal cliente stesso a prescindere dall’evoluzione degli investimenti.
– Coercizione: è ovvio che laddove non si arrivi con i due precedenti ‘temi’ diviene imperativo l’intervento esterno che obbligando il consulente o promotore che dir si voglia ad un determinato comportamento fissato da norme di fatto lo imbavaglia e penalizza la professionalità.

Mi sembra che si corra troppo su questa strada.

Pongo un ultimo ‘dubbio’ sul consulente indipendente e sull’effettivo riflesso sulla realtà di mercato. Se il consulente indipendente non è al tempo stesso negoziatore delle proprie indicazioni operative si verifica che il cliente (con tanto di progetto operativo studiato dal consulente) si rivolga ad un istituto per l’operatività concreta correndo l’alea di trovarsi di fronte chi ‘smonta’ o ‘prova a smontare’ il castello costruito.
Con la facile conclusione che più di un cliente rischi il ‘disorientamento’ assoluto.
Ed altro ancora si potrebbe dire.
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Risponde Francesco D’Arco di Bluerating.com

Professionalità e deontologia vengono prima di un albo e di un etichetta. Il punto di partenza della riflessione del nostro lettore è più che condivisibile. Come condivisibile è l’importanza attribuita alla “convinzione” nella scelta di seguire un adeguato comportamento diontologico, rispetto ad un atteggiamento “eticamente corretto” dettato dalla “convenienza” e/o dalla “coercizione”.

Ma, detto questo, non condividiamo la riflessione che vede il cliente disorientato dalla consulenza e in balia di professionisti in grado di smontare e rimontare a piacere tutte le convinzioni finanziarie dei risparmiatori. Questa conclusione sottovaluta a nostro avviso i clienti del risparmio gestito.

Facendo nostra una metafora tanto cara ai consulenti (e non solo) riteniamo che il cliente finale, nello stesso modo in cui si affida (e si fida) dei servizi offerti dal suo avvocato, commercialista, medico o architetto, si affida (e si fida) del proprio consulente/promotore. Almeno fino a quando i servizi offerti dal professionista di turno non deludono le aspettative del cliente. In parole più semplici: nello stesso modo in cui curo una febbre con l’antibiotico che mi ha consigliato il mio medico di fiducia, investo i miei risparmi negli strumenti raccomandati dal mio consulente/promotore di fiducia. Se poi la cura e l’investimento deludono cambio referente, ma fino a quel momento dubitiamo che i clienti si lascino manipolare da tutti i consulenti che incontrano. Dubitiamo che un buon servizio di consulenza possa disorientare i risparmiatori.

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