Fondi comuni fuori dall'agenda di Draghi, Cardia e Tremonti

I dati di raccolta dei primi due mesi del 2009 avevano fatto ben sperare sul futuro del risparmio gestito. I -4,9 miliardi persi a gennaio e i -2,9 miliardi di febbraio facevano prevedere un trend positivo, rispetto a quanto registrato nel corso del 2008. Invece a marzo è scattata di nuovo la fuga dal gestito con una perdita mensile di 5,1 miliardi di euro che portano il saldo del primo trimestre 2009 a -13 miliardi. Un rosso che ha interessato tutte le categorie e che riporta in superficie tutti i mali del gestito italiano.

Ma, al di là dei numeri, oggi la memoria torna al mese di luglio del 2008 e al “Rapporto del Gruppo di lavoro sui fondi comuni italiani“, che indicava, dopo un’attenta analisi dell’industria, delle soluzioni ben precise e una tempistica ancora più dettagliata.

Quel rapporto che vedeva tra i partecipanti Banca d’Italia, Anima, Assogestioni, Azimut, Eurizon, Generali, Kairos, Mediolanum, Pioneer, UBI Pramerica, Unifortune, il Ministero dell’Economia e delle finanze e la Consob, in 50 pagine individuava delle proposte di intervento che coinvolgevano tutti i protagonisti dell’industria.

La domanda oggi è “che fine ha fatto il documento emerso dal tavolo con Banca d’Italia? Perché è tutto fermo?”. E’ vero, la crisi internazionale ha spostato molte delle priorità verso altri lidi, ma perché delle 16 linee di intervento che tra dicembre 2008 e marzo 2009 dovevano rivoluzionare l’industria del gestito nessuna è stata portata a termine?

Giusto per rinfrescare la memoria, tra le altre cose, il rapporto del gruppo di lavoro promosso da Bankitalia invitava a deliberare entro il mese di ottobre 2008 tutte le regole necessarie per la nascita dell’albo dei consulenti finanziari indipendenti. Ad oggi, 7 aprile 2009, è stato emanato il decreto per la nascita dell’albo (sono passati già due mesi) e sono state riaperte le porte della consulenza alle Srl (non per merito del gruppo di lavoro). Ma dell’Organismo per la tenuta dell’albo, e quindi dell’albo stesso, non si sa ancora nulla. Assisteremo all’ennesima proroga?

Un altro tema finito nell’oblio è quello delle piattaforme tecnologiche. Entro marzo 2009 il tavolo di lavoro promosso dalla Consob doveva portare alla creazione di piattaforme elettroniche/telematiche per sottoscrizione e rimborso di quote di fondi in contropartita diretta con la SGR. Il tavolo è scomparso, la dematerializzazione un ricordo di dibattiti passati, la crisi dei fondi una realtà.

Per non parlare poi della questione relativa all’autonomia delle SGR. La definizione di un codice di autodisciplina  e le misure specifiche volte a rendere le società prodotto più indipendenti rispetto alle capogruppo sono, ad oggi, un interessante capitolo del rapporto del gruppo di lavoro.

Stessa fine per la modifica del sistema di tassazione dei fondi comuni di diritto italiano. L’invito rivolto al Mef di cambiare al più presto il regime fiscale dei fondi è rimasta lettera morta. Complice la crisi internazionale.

Questi sono solo alcune, forse le più importanti, proposte di intervento ferme sulle scrivanie di Banca d’Italia, Consob e Mef.

Le problematiche delle banche, il rischio credito, il G20 e tutto quanto concerne la crisi economica internazionale sono, sicuramente, ottime motivazioni per mettere in secondo piano altre questioni come la crisi dei fondi comuni in Italia. Ma siamo sicuri che abbandonare l’industria del risparmio gestito al proprio destino sia la strada più saggia da seguire?

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