Indipendenza e promotori finanziari non vanno d'accordo

In seguito all’articolo L’indipendenza non è solo dei consulenti, a firma Emanuele Maria Carluccio, riceviamo (e pubblichiamo) la risposta di Cesare Armellini, presidente di Consultique, che spiega perché un pf non può essere un consulente indipendente e lancia una provocazione.

Riceviamo e pubblichiamo la risposta di Cesare Armellini a Emanuele Maria Carluccio: 
Siamo costretti a tornare sull’argomento consulenza indipendente e promozione finanziaria, in quanto l’ulteriore ennesimo tentativo di generare confusione ad opera, questa volta, del prof. Carluccio, richiede alcune nuove precisazioni.

Si può conciliare la consulenza indipendente con la figura del promotore finanziario?
La risposta è negativa, in quanto né la legislazione europea né quella nazionale danno spazio a questo concetto, che di fatto è una pura contraddizione.
Il modello cui si fa riferimento (ovvero lo storno delle commissioni, incassate dalle società prodotto, dalle parcelle) è il c.d. modello “fee offset”; nei Paesi finanziariamente più evoluti è considerato un approccio poco trasparente, che non elimina il conflitto di interessi (per approfondire il tema consigliamo la lettura della “Guida del Sole 24 Ore alla consulenza finanziaria indipendente” edito da Il Sole24Ore, giugno 2008, pag.10 e pag. 105). Segnaliamo comunque che sul mercato esiste già la retrocessione di commissioni agli investitori senza dover passare dal promotore.

Strumenti di supporto al consulente indipendente (sia professionista che società)
Ci sono diverse centinaia di studi professionali già operativi in Italia che utilizzano Uffici Studi e Ricerche indipendenti la cui qualità non è minimamente paragonabile a ciò che esiste nel settore della distribuzione. Il know how che ha generato gli strumenti a disposizione dei consulenti fee only deriva da decenni di esperienza nel settore specifico dell’analisi e della consulenza indipendente e non scaturisce da sterili ragionamenti accademici o viziati da conflitti di interesse.   

Come previsto dal mandato, il promotore non lavora per il cliente ma per la banca ovvero il soggetto che lo remunera.
Come già più volte segnalato, consulente e promotore dal punto di vista formale e normativo sono diversi (il pf è un agente di vendita monomandatario di una banca o di una sim, mentre il CFI è un professionista simile al commercialista o all’avvocato); il promotore vende il contratto di consulenza della sua mandante ed il cliente non è suo ma della banca/sim per cui lavora. Quest’ultima, inoltre, può in ogni momento sostituire o sollevare dall’incarico il promotore, assegnando la sua clientela ad un altro soggetto.

In definitiva, un promotore finanziario potrebbe decidere se continuare a lavorare con la propria mandante oppure se lavorare per uno studio di consulenza indipendente; ovviamente, se ritiene di averne le competenze e le capacità, potrebbe esercitare direttamente l’attività e quindi non dover dividere la parcella relativa al proprio lavoro con un soggetto terzo.

E, per concludere, qualche spunto di riflessione sull’attività del PF:
A)    L’offerta del PF al cliente è legata agli accordi commerciali della mandante con le società prodotto;
B)    Il supporto al lavoro del PF non è quello di una società di analisi indipendente ma quello della mandante: utilizzerà quindi i report delle grandi banche d’investimento? I loro ratings? I loro software di asset allocation? Saranno tutti influenzati dalla presenza di conflitto d’interesse;
C)    Nessun PF potrà dire che, ad esempio, tutti i fondi monetari le unit, le index, ecc. sono spesso strumenti inefficienti in quanto la sua mandante ha accordi di commercializzazione di prodotti che sono nel catalogo del promotore stesso.
D)    Provocazione: immaginiamo un promotore della banca/rete di vendita X che crei una asset allocation con strumenti della banca Y…

di Cesare Armellini, presidente Consultique

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