Non è una buona idea seguire il gregge

A cura di Nicholas Purves, Lance Ian e Kevin Murphy.
Team UK Equity Specialist Value di Schroders

Comportamenti gregari o imitativi
La storia della finanza pullula di esempi di comportamenti gregari o imitativi, in base ai quali migliaia di persone, che solitamente agiscono in modo razionale, sostengono una categoria di investimenti portandola a livelli di quotazione incredibilmente elevati, con il solo risultato di conseguire perdite catastrofiche allo scoppio della bolla speculativa. Due fenomeni analizzati nel un libro intitolato ‘Irrational Exuberance (Esuberanza irrazionale)’ di Robert Schiller, ovvero la bolla tecnologica e quella del mercato immobiliare, costituiscono, ancora una volta, due ottimi esempi di questo tipo di comportamento.
Se da un lato può sembrare incredibile che gli investitori traggano raramente insegnamento dai propri errori, alcuni credono invece che questo comportamento sia spiegabile con il fatto che la mente umana è alla continua ricerca di accettazione sociale ed è pertanto portata a seguire la massa: il singolo è cioè portato ad imitare le azioni, razionali o irrazionali che siano, di un gruppo più vasto di individui.

Le ragioni di questo comportamento sono essenzialmente due. La prima è che la società ci spinge con forza verso il conformismo e le persone hanno quindi il naturale desiderio di essere accettate da un gruppo, invece di sentirsene escluse. La seconda è che, stando al comune buon senso, è poco probabile che la maggioranza si sbagli. Alla fine quindi, anche se si è convinti che una determinata idea o azione sia sbagliata o irrazionale, si segue comunque la massa pensando che sicuramente è a conoscenza di informazioni che ci sfuggono. Si tratta di un tipo di comportamento che tende a prevalere soprattutto in situazioni in cui il singolo non ha molta esperienza.


Reazione eccessiva e l’errore di ‘disponibilità’
Sul mercato azionario bisogna fare i conti anche con l’emotività, dato che gli investitori tendono a volte ad avere reazioni eccessive di fronte a nuove informazioni e a basare fortemente le proprie decisioni di investimento sulle ultime notizie (availability bias o errore di disponibilità, ovvero tendenza a stimare la frequenza di un evento dalla facilità con cui esso può essere riportato alla mente). Tuttavia, la reazione eccessiva tende a non essere permanente e ciò provoca la tendenza ad un’eccessiva oscillazione delle quotazioni.
L’influenza di questo atteggiamento sugli investimenti è stata dimostrata in uno studio condotto nel 1985 da Werner De Bondt e Richard Taler, due esperti di finanza comportamentale. La ricerca, dal titolo ‘Does the Market Overreact? (Il mercato ha reazioni eccessive?)’, prendeva in esame i rendimenti della Borsa di New York su periodi di tre anni, dal 1930 al 1982, suddividendo i titoli in due categorie, i 35 con le migliori performance e i 35 con le peggiori, catalogati rispettivamente nel portafoglio ‘vincenti’ e ‘perdenti’. Ogni portafoglio veniva poi confrontato per tre anni con l’andamento di un indice rappresentativo del mercato.
Fu sorprendentemente il portafoglio dei titoli con le performance peggiori a sovraperformare costantemente l’indice di mercato, mentre il portafoglio dei ‘vincenti’ restava continuamente indietro. Per entrambi i portafogli venne dimostrato che gli investitori avevano essenzialmente reagito in modo eccessivo, nel breve periodo, a flussi di notizie che si erano poi rivelati a lungo termine di scarsa influenza sul valore del titolo in questione.
Lo studio dimostrò non solo che col tempo le quotazioni tendevano a ritornare verso i fondamentali, ma anche l’importanza di mantenere una visione di lungo termine, nonché i rischi di lasciarsi fuorviare dai dati di breve periodo.


Nel prossimo appuntamento affronteremo l’ultimo errore comune: la teoria del prospetto

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