Consulenti Finanziari – Noi, i risk manager dei risparmiatori

Da quando ho deciso di operare nei mercati finanziari ho evitato di impiegare le informazioni apprese, soprattutto quelle salottiere, per generare operazioni finanziarie. In particolare poi le informazioni provenienti dalla carta stampata le ho sempre selezionate con forte spirito critico cercando di capire se c’era qualcosa che concretamente potesse costituire una base per elaborare qualche interessante strategia.

Oggi come oggi è difficile inventare qualcosa di realmente nuovo, anche perché sono del parere che dovremmo cercare di migliorare quello che già c’è. La stessa ingegneria finanziaria è pressoché ferma e ultimamente quando tenta di produrre qualcosa di innovativo sembra generare disastri. Risulta fin troppo semplice portare come esempio la vicenda subprime.

E’ luogo comune, ma nemmeno troppo di questi tempi, dire che se si vogliono cercare brutte notizie basta comprare i giornali. Di economia naturalmente. Capita tuttavia di volersi soffermare su alcune pubblicazioni di più che autorevoli firme del panorama finanziario. Conoscere il pensiero di alcuni banchieri, sono loro che fanno l’Economia più degli economisti, su alcune tematiche lo trovo straordinariamente istruttivo.

Lo spunto per alcune riflessioni mi viene dalla lettura della seconda pagina del Sole di martedì 16 giugno.
Non ho avuto il piacere di conoscerlo di persona, e non posso nemmeno nascondere che la sua figura mi affascini molto, pertanto se l’articolo porta la firma di Alessandro Profumo è bene soffermarsi nella lettura. Quando vado in libreria per acquistare un libro cerco l’immediatezza nella lettura veloce delle prime cinque o sei righe correndo subito alla fine del testo per leggere, specularmente, le ultime. Considerata la capacità di sintesi dell’Autore del testo pubblicato su quel quotidiano, e la brevità dell’intervento, l’ho letto integralmente.

Come professionista della Consulenza Finanziaria Indipendente ho specializzato la mia attività in alcune aree della finanza, una delle quali è la finanza complessa. Derivati, corporate, smart strategy e Pubblica Amministrazione per farla breve, ma non solo. Materia insidiosa e, anche per gli addetti ai lavori, delicata. La dimostrazione di quanto affermo arriva proprio da uno dei massimi esponenti del mondo finanziario internazionale che probabilmente si è fidato troppo delle capacità valutative dei modelli di risk management conferendo, implicitamente, al top management del Gruppo che dirige, un peso eccessivo a queste tecniche che, più che definire di valutazione, sarebbe corretto definire di estimazione.

Il risk management è veramente “una componente cruciale di ogni strategia di creazione di valore e di massimizzazione del rendimento del capitale investito da un’impresa” (le famose prime righe del testo) ma, aggiungo, benché fondato su basi matematiche e “dinamiche passate”, non può costituire certezza matematica futura poiché le variabili dalle quali dipende sono diverse e non determinabili con certezza a priori, altrimenti la neutralità del mercato ne risentirebbe al punto da renderla falsa.

Nell’esercizio, ed esecuzione, del risk management il buon senso, nella sua accezione filosofica, non dovrebbe mai lasciare il suo spazio in favore di un approccio esclusivamente scientifico che, abbiamo visto, potrebbe avere dei vuoti. E’ necessario che convivano per la sua corretta realizzazione. Dunque Capacità, Conoscenza e Buon Senso.

Il raggiungimento dell’espressione finanziaria del risk management importa la diversa allocazione, e trasferimento all’esterno, dei rischi stessi che, finanziariamente parlando, è uno dei “mestieri” degli intermediari. Qualcuno lo fa con Entusiasmo. Anche questa attività contribuisce fortemente all’esercizio del credito che come dice il Governatore della Banca d’Italia Mario Draghi “è e deve restare attività imprenditoriale”.

Quando il trasferimento del rischio avviene direttamente, oltre che certamente per via indiretta, sui Risparmiatori, la questione diventa particolarmente seria considerato che, troppo spesso, non tiene conto della loro inclinazione e sensibilità verso il rischio. Quando una crisi si manifesta è perché si sono rotti (anche il suono onomatopeico lo richiama: crack) degli equilibri ai quali si è giunti attraverso un  percorso nel quale ci si è spinti troppo in là.

Se dunque per un verso la crisi che si è manifestata ha una genesi certamente di tipo strutturale, questa si è poi velocemente evoluta e manifestata in una crisi di fiducia, “particolarmente severa”, nel sistema bancario e finanziario globale. Anche da qui nasce una nuova esigenza dei Risparmiatori, che sono il Mercato. Quella di individuare soggetti nuovi da avere come punto di riferimento nelle tematiche finanziarie. Consulenti finanziari indipendenti. Soggetti in grado di ricondurre ad un concetto di fair (equità) gli equilibri tra Investitore e investimento con un reale, effettivo e, soprattutto, verificabile idoneità nell’approccio al rischio.

Così come i top manager dell’industria bancaria e finanziaria ritengono (le famose ultime righe del testo) “estremamente importante un sistema di risk management affidabile ed efficiente per consentire ai manager stessi di assumere decisioni informate e razionali” anche gli Investitori vogliono garantirsi la stessa possibilità rivolgendosi a professionisti indipendenti utilizzando la banca, e le piattaforme di home banking, come uno strumento per eseguire gli ordini.

di Marco Ortica è Consulente Finanziario Indipendente e NAFOP member

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