Le famiglie italiane snobbano i consulenti finanziari

Il servizio di consulenza supporta l’investitore retail nel correggere alcuni errori tipici, quali l’eccessiva concentrazione della ricchezza sui depositi, la scarsa diversificazione di portafoglio, il trading eccessivo. Le famiglie che ricevono servizi di consulenza, infatti, dispongono di un portafoglio maggiormente diversificato e meno esposto sui depositi e titoli di Stato, con il beneficio ultimo dato dalla consulenza, volto a favorire la diffusione del risparmio gestito.

L’ultimo Quaderno di Finanza Consob*, illustra come le famiglie che ricevono il servizio di consulenza, investono circa il 9% in più della propria ricchezza finanziaria in prodotti di asset management ed in polizze a contenuto finanziario, nonché il 4% in più in azioni ed obbligazioni. A fine 2008, circa l’11% della ricchezza finanziaria degli investitori retail in Italia si è spostata a favore di posizioni più prudenti: nel 2007, il 51% investiva in depositi e titoli di Stato, mentre l’anno scorso la quota è aumentata, attestandosi a 62 punti percentuali. Al contempo, si è ridotto il numero di famiglie che detengono prodotti del risparmio gestito (fondi e gestioni patrimoniali), dal 14 al 9%, e si è ridotta, in generale, la quota delle famiglie che detengono almeno uno strumento o prodotto rischioso (azioni, bond, fondi comuni, gestioni patrimoniali, polizze a contenuto finanziario e fondi pensione), passando dal 25 al 20%. 

Al termine del 2008, emerge come circa il 30% delle famiglie italiane non si sia avvalsa dei servizi di consulenza finanziaria, non avendo un consulente di fiducia. La metà delle famiglie, al contrario, si trova in una situazione di consulenza passiva, ossia non ha avuto rapporti negli ultimi 3 mesi (da quando è stata realizzata l’indagine) con il proprio consulente di fiducia. Inoltre, l’8% riceve consulenza generica (non ha ricevuto proposte relative a specifici prodotti o strumenti finanziari), infine solo il 10% delle famiglie riceve consulenza attiva (ha un consulente di fiducia ed ha ricevuto proposte specifiche).

La diffusione del servizio di consulenza è fortemente collegata alla ricchezza finanziaria delle famiglie: solo il 10% delle famiglie identificate come “a ricchezza bassa” riceve consulenza attiva o generica, contro il 50% delle famiglie a ricchezza elevata. Conta anche il grado di avversione al rischio. Difatti, il 7,5% delle famiglie classificate come “ad alta avversione”, ricevono servizi di consulenza attiva o generica, contro il 20% circa delle altre famiglie. In sostanza, le famiglie meno avverse, diciamo così, sono quelle strutturalmente più propense ad investire in strumenti finanziari, sostiene la ricerca, demandando un maggior servizio di consulenza o essendo oggetto di una pressione commerciale superiore da parte degli intermediari.

Un approfondimento a parte riguarda la questione dei conflitti d’interesse da parte di chi presta il servizio di consulenza. L’indagine evidenzia come circa il 26% delle famiglie che hanno ricevuto consulenza passiva nel 2008, abbia ritenuto che il proprio consulente sia stato in conflitto d’interessi, contro il 21% circa di chi ha ricevuto consulenza attiva ed il 14% di chi ha beneficiato di consulenza generica. In pratica, la bassa qualità del servizio erogato o la situazione di conflitto d’interessi percepita ha indotto le famiglie a passare da una situazione di consulenza attiva o generica a quella passiva, avendo perso fiducia nel proprio consulente.

In conclusione, nonostante i due terzi delle famiglie dichiarino di avere un consulente finanziario, solo il 10% riceve servizi di consulenza in materia d’investimento, così come definiti dalla Mifid, mentre un altro 10% riceve solo consulenza generica. Oltre il 60% delle famiglie che possiedono prodotti o strumenti finanziari rischiosi, non ricevono servizi di consulenza. La maggior parte delle famiglie, quindi, gestisce l’esposizione al mercato di propria iniziativa. Il risultato ultimo del Quaderno è che una maggior diffusione ed un aumento della qualità dei servizi di consulenza porterebbero l’investitore ad un’esposizione finanziaria più accurata, migliorando l’intero mercato dei capitali e promuovendone, così, lo sviluppo. Infatti, scelte guidate o consigliate possono evitare comportamenti irrazionali, che possono condurre ad esasperare ulteriormente le crisi di liquidità e le pressioni ribassiste.

* Le scelte di portafoglio degli investitori retail e il ruolo dei servizi di consulenza finanziaria (di M. Gentile, G. Siciliano), studio realizzato con il supporto dei sondaggi di Gfk Eurisko.

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