I banchieri premiano le dimensioni

di Pompeo Locatelli

…The Economist ci avverte che i distretti italiani, il gioiello più invidiato dell’economia italiana, “stanno affondando tutti assieme”. E, da quel che vedo anche tra i miei clienti, credo che purtroppo il settimanale abbia ragione: la situazione, per le pmi, è sempre peggiore. Forse, però, non c’è contraddizione tra i due segnali.
Da una parte, infatti, gli ottimisti fanno riferimento alla grande industria quotata in Borsa, sostenuta dagli istituti di credito che stanno facendo utili favolosi (a danno dei piccoli) e che comunque può approvvigionarsi sui mercati facendo ricorso alle obbligazioni o, tra non molto, ad aumenti di capitali sostenuti dalle banche a loro volta finanziate a costo quasi zero dalla Banca centrale europea. Dall’altra c’è l’universo della piccola impresa che, lungi dal ricevere nuovo credito, deve far le barricate contro le restrizioni effettive delle banche (l’ultimo termine alla moda è l’asset qualità…), richieste di rientro dai fidi motivate in vario modo, anticipazioni negate anche a fronte di titoli solidi che solo un anno fa sarebbero stati accettati senza discussioni. Insomma un disastro che rischia di trasformarsi in un collasso quando ci sarà la ripresa.
Non è un paradosso: ma come verrà accolta la richiesta di nuovo credito per far fronte alle commesse quando torneranno i primi ordinativi? Ho il timore che tanti Brambilla dovranno rinunciare a lavorare per mancanza di ossigeno, vedi delle necessarie linee di credito. Anche chi avrà più fortuna, poi, spesso si troverà a fare i conti con tassi esosi, al limite dell’usura. Già oggi le banche, che si scambiano il denaro a tassi vili, chiedono alle Pmi interessi ben superiori al dieci per cento, contro il tre per cento applicato ai grandi clienti. Crisi o non crisi, mi potete obiettare, non è certo una novità: è sempre andata così. Sono d’accordo, ma non ho mai capito perché. Dubito che la ragione sia il premio al rischio. Credo che la rischiosità dei prestiti alle piccole imprese sia largamente inferiore, sia nel breve che nel medio termine, a quella dei finanziamenti garantiti ai Big di diversi settori, immobiliare in testa.
Ma non solo. La realtà è che i banchieri premiano le dimensioni, allettati dalla prospettiva di poter far figurare utili (spesso illusori) in bilancio e convinti di poter rinviare a nuovo all’infinito le posizioni scomode. Ma con i piccoli, che spesso bussano allo sportello convinti di non poter trattare le condizioni, sono inflessibili: i veri margini, del resto, li fanno da sempre sulle piccole aziende spremute come limoni. Dammi retta, caro Brambilla: impara a battere i pugni sul tavolo.

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