Consulenti indipendenti – Emozioni ed errori

Il funzionamento dei mercati finanziari è lontano da quella struttura razionale, improntata a modelli matematici, che si è andata creando nel corso degli ultimi decenni  (la cosiddetta teoria del mercato efficiente). La storia finanziaria e l‘esperienza quotidiana rivelano chiaramente che i comportamenti delle persone, risparmiatori ed investitori in primo luogo, sono ben lontani da criteri di razionalità: anzi, pare che l‘irrazionalità regni sovrana, tra euforie, bolle, depressioni, illusioni, mode..

Se nel suo fondamentale manuale di psicologia (1925), Robert Thouless affronta già tutti i principali nodi della psicologia economica – accennando per primo, ad esempio, alla possibilità di individuare l’origine della felicità e dell’infelicità nel flusso delle risorse e non nel loro ammontare complessivo (stock) – ed accetta il punto di vista del grande economista Marshall sul ruolo attivo delle emozioni (1895), è soltanto negli anni ’80, negli Stati Uniti, che assistiamo a processi di contaminazione innescati, oltre che dall’economia sperimentale e dagli sviluppi della psicologia cognitiva, dall’interesse generato per l’affermarsi di un mercato di massa dei prodotti per il risparmio e dalla necessità di approfondire il rapporto cliente-venditore.
 
Un contributo fondamentale è dovuto a Kahneman (psicologo, premio Nobel per l’economia nel 2002 “per avere integrato risultati della ricerca psicologica nella scienza economica, specialmente in merito al giudizio umano e alla teoria delle decisioni in condizioni d’incertezza”) e Tversky ed al loro lavoro “Decision Making Under Risk”, risalente al 1979: se fosse vero che gli individui agiscono sulla base della razionalità, come giustificare le bolle speculative di mercato di cui ogni tanto le cronache finanziarie ci riferiscono? Come spiegare gli scostamenti, le divergenze dei prezzi dei beni (ad esempio le azioni) dai loro valori fondamentali? Non sono di certo sufficienti le asimmetrie informative (ossia situazioni in cui alcuni operatori di mercato dispongono di informazioni di cui sono privi altri) a giustificarli.

La finanza comportamentale cerca, in sostanza, di migliorare la comprensione di questi processi e di spiegare come le emozioni e gli errori cognitivi possono influenzare gli investitori e le loro scelte. L’approccio comportamentale ha scopi descrittivi, si pone cioè l’obiettivo di analizzare quanto nella realtà i comportamenti sono distanti da quelli che grazie alla finanza standard possiamo definire “corretti” (i due approcci sono complementari). Se l‘essere umano agisse in modo totalmente razionale, sarebbe poco più di una macchina o di un robot, senza le sue simpatie ed antipatie, le sue passioni, i suoi condizionamenti personali, culturali, il peso delle sue esperienze, le paure..

Per esemplificare, ricordiamo la nota favola della cicala, che per tutta l’estate canta e suona, e della formica, che fa provviste di briciole e semini. Poi, arriva l’inverno: la cicala cerca cibo, è affamata e triste, mentre la formica ha tante provviste e se ne sta contenta nella sua casetta.

Così, alcuni di noi sono molto generosi (“E’ lieto soltanto chi può dare”, per citare una celebre frase di Goethe), altri terribilmente avari. Riaffiora tra i nostri ricordi il personaggio di Euclione (lett. chiudo bene), che nella famosissima commedia di Plauto (Aulularia) rappresenta la tipica maschera del vecchio avaro: la gelosia che ha per la sua pentola lo porta a diffidare di ogni persona che incontra e scambia qualche parola con lui e nei suoi dialoghi dimostra anche di avere un’indole violenta e collerica con chiunque si frapponga tra lui e il denaro. Così, poi, l’avaro di Moliere (1669): “Eccoli! Buongiorno figli miei! Dormito bene? Che suoni belli! (bacia i suoi soldi) Quanto vi amo!”. Molière riesce magistralmente a ridicolizzare all’estremo l’avarizia e la totale mancanza di sentimenti del vecchio Arpagone, rendendole drammaticamente amare.


 
L’avidità, invece, è propria di colui che desidera accrescere il “possesso” (l’avaro è concentrato nella conservazione meticolosa di ciò che ha già): “L’avidità è buona, è giusta, funziona. L’avidità in tutte le sue forme, avidità per la vita, il denaro, l’amore, la conoscenza, ha segnato l’ascesa del genere umano. E l’avidità salverà non solo la Teldar, ma anche l’altra compagnia in cattive acque, gli Stati Uniti d’America“: sono le parole del notissimo protagonista di Wall Street (1987), Gordon Gekko, nome non casuale: il geco è un piccolo sauro in grado di arrampicarsi ovunque.

Venendo agli errori cognitivi, un concetto spesso ricorrente nell’ambito delle scelte economiche e finanziarie è quello di “dissonanza cognitiva”: l’essere umano tende ad ignorare, o almeno a dare meno importanza, alle informazioni che possono accrescere il suo livello di “conflittualità psicologica”, semplificando di fatto il percorso mentale. Si reagisce in modo maggiormente positivo a informazioni e dati che confermano il nostro punto di vista preesistente (che potrebbe essere motivato non da elementi razionali, ma da nostre credenze o punti di vista assolutamente personali) e si tengono in minor conto, o si trascurano del tutto, informazioni che contraddicono il nostro punto di vista stesso. In campo finanziario pensiamo, ad esempio, ai risparmiatori che investono in un fondo comune le cui performances sono decisamente scadenti ed inferiori alla media del settore: probabilmente molti tenderanno mantenere l’investimento nonostante i risultati insoddisfacenti, soprattutto per giustificare psicologicamente, verso se stessi e gli altri, la scelta comunque compiuta. Ciò ovviamente espone l’investitore a perdite successive. Quindi, la dissonanza cognitiva non fa altro che adattare il pensiero corrente al fine di giustificare le scelte ed i comportamenti passati.
 
Quando la tendenza della borsa è positiva ed i rendimenti azionari sono elevati per un certo numero di anni, gran parte degli investitori ritiene che tali risultati oltre la media siano ormai “normali”, frutto di nuovi scenari consolidati, e che tale tendenza debba durare a tempo indeterminato, o addirittura per sempre. Si determina quella che viene definita “complacency”, cioè compiacimento, eccesso di fiducia, assenza di senso critico. In senso più generale questi comportamenti possono anche essere riferiti ad un certo conservatorismo insito nella natura umana: quando gli scenari e le situazioni cambiano, molti investitori (spesso anche professionali) reagiscono abbastanza lentamente nell’adeguarsi a tali mutamenti, contando su di una sorta di “normalità”. In momenti di turbolenza dei mercati, tale atteggiamento può risultare particolarmente dannoso.

Anche il sesso gioca un ruolo nella percezione del rischio legato agli investimenti: come in altri ambiti, l’approccio della donna è in linea generale più razionale e, per quanto strano possa apparire, meno condizionato dagli “effetti moda” che tanto peso hanno nella scelta degli strumenti finanziari da inserire in un portafoglio. In generale, la donna si presenta più avversa al rischio e prende posizioni ben selezionate che mantiene per lungo tempo, piuttosto che impegnarsi in attività di trading, che il più delle volte risultano perdenti.
 
Per concludere, due semplici esempi legati all’attualità. Ormai il rendimento lordo dei Bot trimestrali è prossimo allo zero: considerando il prelievo fiscale del 12,5% e le commissioni applicate dalle banche, il guadagno si assottiglia fino a diventare negativo. Chi compra Bot pertanto ci rimette: perché c’è ancora chi investe in Bot allora? Per abitudine, per pigrizia, perché non è informato, perché non si fida …

Infine, “il mistero degli euro scomparsi”, ben trentasei ogni settimana: li spendiamo e non riusciamo a capir
e dove sono andati a finire … (indagine Astra, dati 2007; La Stampa, 28.09.2009). Questo fenomeno si chiama «mystery spending»: la faccenda riguarda quasi la metà dei nostri concittadini, fanno 800 milioni di euro che svaniscono ogni settimana, 34 miliardi in un anno. Questa è la natura umana, ed anche il mercato finanziario non può prescindere da tale condizionamento, nel bene e nel male! Esserne consapevoli, ci renderà più accorti? Più capaci di difenderci da noi stessi e da chi tenta di approfittarne? Forse, più ricchi? E più felici ? ma questa è un’altra storia …

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