Consulenti indipendenti, boom negli USA. Flop in Italia

Le principali banche di Wall Strett alla fine del 2008 controllavano circa il 48% del mercato della consulenza finanziaria, mentre i cosiddetti indipendent financial advisers si accontentavano del 19%. Ma questo scenario sta per cambiare ed entro il 2012 le grandi banche dovranno accontentarsi di una quota di mercato vicina al 41%, mentre i “consulenti indipendenti” saliranno al 23%.

A rivelarlo una ricerca condotta dallo studio Cerulli Associates che ha certificato anche un calo del numero di brokers “dipendenti” delle grandi società, a vantaggio degli indipendent financial advisers. Il numero dei primi (paragonabili ai nostri pf/consulenti di banca) si è ridotto in 3 anni del 14% raggiungendo quota 55.000 unità, mentre i “consulenti indipendenti” hanno registrato un boom nel corso degli ultimi 3 anni raggiungendo quota 33.000 (+29%).

Non si può dire lo stesso dell’Italia. Anzi nel nostro paese, dopo le grandi speranze e i grandi annunci di fine 2007 (era il mese di novembre quando la direttiva europea entrava in vigore annunciando, tra le altre cose la nascita dell’albo dei consulenti finanziari) è iniziato un vero e proprio valzer di rinvii.

L’ultimo è arrivato con il decreto milleproroghe. Mentre tutti speravano, in extremis, di assistere alla nomina dell’Organismo per la tenuta del nuovo albo l’articolo 1 comma 14 del milleproroghe ha prorogato (per l’ennesima volta) al 31 dicembre 2010, il termine oltre il quale i consulenti finanziari già operativi non potranno più prestare la loro attività, se non si iscrivono all’albo.

Ovvero tutto rimandato e, se si ripeterà la storia degli ultimi due anni, anche il 2010 potrebbe chiudersi con un buco nell’acqua. E così, mentre a Wall Srteet (grazie anche alla crisi) gli “indipendenti” stanno letteralmente rubando quote di mercato alle grandi banche (e non solo), da noi stiamo assistendo ad un vero e proprio “flop”.

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