Le lezioni del caso Italease

di Fabrizio Tedeschi

 Banca Italease sembrava una brillante realtà lanciata verso un radioso futuro, nonostante le chiacchiere che ne accompagnavano il cammino. Poi qualcosa si è inceppato, si è scoperta la storia dei derivati, delle commissioni strane e tutto è scoppiato, quasi una bolla nella bolla. In realtà l’inciampo è stato piuttosto grosso, almeno per il panorama italiano e si è posto il problema di come uscire dalle secche di una situazione molto critica.
In ossequio al principio che le banche non possono fallire (almeno quelle grosse), si è fatto di tutto per evitare il disastro. E in effetti il peggio è stato evitato, anche con un occhio di riguardo verso il mercato. È stata lanciata un’Opa, che ha in qualche misura tutelato gli investitori. Ma problemi sono emersi anche successivamente, da ultimo un avviso di accertamento dell’ufficio delle entrate che rischia di vanificare tutto il lavoro fatto finora; anche se, a onor del vero, la società lo ha ritenuto talmente infondato da non fare alcun stanziamento in bilancio, almeno così è stato annunciato. Le fasi finora vissute della vicenda suggeriscono alcune semplici considerazioni, magari da tenere presente per un prossimo futuro, quando si presenteranno circostanze analoghe. In primo luogo sono mancati totalmente i controlli. Questo è un motivo ricorrente di tutte le crisi aziendali. Viene quasi da chiedersi se non sia il caso di abolire qualche organo di controllo e di concentrarsi su quelli che siano veramente sostanziali e non di mera forma. A questo riguardo un intervento, anche pesante, dell’autorità di controllo, che esplicitasse cosa si attende dai controlli interni ed esterni di un intermediario sarebbe auspicabile. Come pure auspicabile sarebbe una maggiore attenzione degli organi di governo societario nei confronti di quanti sono chiamati a svolgere funzioni di controllo all’interno della struttura aziendale. La vicenda Italease dimostra quanto possano essere disastrose le carenze dei controlli e dovrebbe spingere a investire maggiormente in funzioni di controllo efficienti e non solo nominali.
Secondo punto di rilievo è il rispetto delle esigenze del mercato Si può discutere sulla trasparenza e correttezza delle varie operazioni (specie con riferimento al passato), però è meritorio che l’azionista alla fine abbia deciso di tutelare nei limiti del possibile l’investitore. L’Opa ha messo tutti sullo stesso piano e ha evitato pesanti strascichi di cause, malumori, rivendicazioni, etc. Non è stata la panacea di ogni male, in particolare per i soci di maggioranza, ma almeno ha evitato guai più grossi. Da ultimo, ma altre cose sarebbero da commentare, va sottolineato che l’individuazione della parte “malata” della banca da conferire in apposito veicolo, potrebbe costituire un modello da ripetere per altre circostanze. Se le banche con problemi, anche minori di quelli emersi in Italease, scorporassero i loro guai in un apposito veicolo societario, comunicherebbero al mercato la loro situazione di rischio e potrebbero di nuovo espandere la propria attività una volta liberata dalla zavorra delle situazioni deteriorate.

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