Art Advisory – L’assunto dell’autenticità

Contrapposta alla contraffazione, l’autenticità è il presupposto di tutte le transazioni che riguardano il mercato dell’arte, tuttavia le forti asimmetrie informative presenti nel settore, portano a dover essere molto cauti prima dell’acquisto di un’opera. Analizziamo la tematica con Giuseppe Calabi, grande esperto a livello internazionale, partner dello studio legale milanese Cbm partners specializzato, in aggiunta alle aree societarie e finanziarie, in beni culturali. 

Per l’intermediazione di un’opera le parti dovrebbero stipulare un contratto, tuttavia la scarsa trasparenza del settore porta “numerose compravendite, che non coinvolgono le case d’asta, all’insegna dell’informalità, senza la firma di un contratto”. Il venditore deve dare espresse garanzie sull’originalità, tuttavia questa è oggetto di mutevolezza di opinioni nel corso del tempo, per l’arte antica ed in generale gli old masters.
 
L’autenticità fa riferimento al momento nel quale il contratto viene stipulato e la legge italiana, come del resto numerose leggi straniere, ad esempio quella francese, tendono a proteggere la stabilità del contratto. In caso di dubbi sulla validità dell’opera l’acquirente può chiedere l’annullamento del contratto per errore, facoltà che tuttavia si prescrive entro cinque anni dalla data della scoperta dell’errore, una fattispecie per la quale non è disponibile una copiosa giurisprudenza”.

Anche per l’arte moderna la questione rimane complessa “perchè arbitri assoluti sono le fondazioni e gli archivi stabiliti dagli artisti, che tuttavia si esprimono con frasi sibilline, e le case d’aste non si espongono se non c’è una presa di posizioni dell’archivio di riferimento”.

Per la legge italiana “gli intermediari devono consegnare un certificato di autenticità ed un certificato di provenienza, e la violazione di questo obbligo inficia il contratto”. Il certificato di autenticità non deve necessariamente provenire dal venditore o dall’intermediario, ad esempio può provenire dalla fondazione o dall’archivio, e quello di provenienza non deve necessariamente svelare all’acquirente il nome del venditore, potendo limitarsi ad individuare la provenienza dell’opera da una collezione privata. 
Se la compravendita avviene tra privati con un contratto non vi è invece l’obbligo di consegnare il certificato di autenticità e provenienza.

In caso di dubbi l’attribuzione dell’autenticità è una questione che viene sottoposta all’esame di un giudice, “che si avvale di una consulenza tecnica di ufficio, ma in Italia i consulenti tecnici non è detto che siano sempre effettivamente competenti sulla materia oggetto del diverbio”.

Qualora un privato dovesse trovare un dipinto, senza tuttavia disporre del certificato di autenticità e provenienza, questi può rivolgersi agli appositi archivi e fondazioni, “che avranno conservato una copia del documento; se tuttavia dovesse emergere la falsità dell’opera, l’archivio o la fondazione interessata informeranno il Nucleo di tutela del patrimonio artistico dell’arma dei carabinieri, che potrà sequestrare l’opera promuovendo un processo penale”. 

Tra gli autori che più di ogni altro sono oggetto di dibattiti sull’autenticità delle opere, Giorgio De Chirico continua a rivestire un ruolo di primo piano.

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