PF la consulenza è il vero valore?

Se il dialogo tra banche (o assicurazioni) e reti distributive non è sempre facile, qual è il valore strategico di un Promotore Finanziario o di un consulente? Se lo chiedono gli utenti della comunità di Bluerating.com, che mettono a luce due punti a loro giudizio fondamentali.

 

Il primo aspetto riguarda la centralità dell’attività di consulenza oltre che di collocamento, il secondo la struttura retributiva, da adeguare ai tempi e agli impegni che cambiano. “La consulenza è il nostro valore” scrive un promotore, che poi aggiunte: ormai un PF “deve affrontare il cambio culturale in atto. Non è più accettabile essere pagati attraverso i prodotti, se li collochiamo, non avendo nessuna possibilità di chiedere un compenso al cliente per la consulenza, la pianificazione e il monitoraggio, che invece apprezza e considera fondamentale”. Il sistema di retribuzione è l’imputato numero uno dell’attuale crisi della professione anche per un altro utente di Bluerating, secondo cui “è il sistema della remunerazione a sole provvigioni che non funziona. Le banche non vogliono avere più costi fissi, né assumersi più il rischio d’impresa, né la responsabilità sociale d’impresa. Ma un promotore, soprattutto se è agli inizi non può avere un portafoglio che gli garantisca un reddito dignitoso”. 

 

“Non stupiamoci allora – prosegue il PF ricollegandosi indirettamente a recenti vicende come quella dei 50 PF di Mediolanum sospettati di elusione fiscale – se qualcuno cade in tentazione facendo i finti e ipocriti moralisti. Perché di certo c’è la rata del mutuo da pagare, le bollette, l’assicurazione auto, ecc, di incerto c’è il reddito. Detto questo detto tutto”. C’è però chi non la pensa così: “Macché consulenza” spiega un collega promotore, “non pigliamoci per i fondelli. Nella prima società in Italia per masse per non morire di fame sei costretto a proporre “i prodotti di casa”, altro che consulenza.” E rincara poi la dose: “In Italia la consulenza è vista solo come un mezzo per spillare commissioni aggiuntive alla clientela”.

 

Eppure la strada di una sempre maggiore qualificazione professionale e dunque di una maggiore competenza anche in campo consulenziale sembra prendere piede, se non altro per la debolezza dell’alternativa rappresentata da sportellisti e dipendenti di banca a contatto col pubblico dei risparmiatori. Racconta un promotore: “stamattina presso il mio ufficio di Banca Fideuram” si è presentata una dipendente di Intesa Sanpaolo (gruppo cui fa capo la stessa Fideuram, ndr), “per fare un investimento “privato”. Di fronte al mio stupore, ha ammesso candidamente che benché lei si occupi allo sportello di tutto, compresa la vendita di prodotti di risparmio gestito, non si è sentita di fare un investimento personale perché non conosceva bene neppure i prodotti che vendeva”.

 

Trattandosi di un “grosso importo”, la persona in questione “voleva affidarsi ad un consulente competente”, che naturalmente ha pensato in cuor suo “con commiserazione a tutti i suoi clienti”. L’altra faccia della medaglia è naturalmente rappresentata da società dove non sembrano trovare spazio altri obiettivi che quelli reddituali e ancora una volta Banca Mediolanum accende gli animi perché come ricorda un nostro utente “l’unico vero sì è per il denaro e anche i promotori vengono solo visti come delle opportunità di guadagno per chi sta sopra nella catena”.

 

Ma allora: il futuro della professione di promotore finanziario, passa per una maggiore valorizzazione, anche in termini retributivi, dell’attività di consulenza o è un falso miraggio che rischia di far perdere di vista l’obiettivo primario del collocamento di prodotti e servizi, attività certamente da svolgere sulla base delle esigenze del singolo cliente ma che non richiede le competenze e l’impegno di tempo tipicamente collegate alla prestazione di un servizio di consulenza personalizzato? A voi e ai vostri commenti l’ardua sentenza. (clicca qui)

 

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