La rivoluzione dei pf parte dal basso

La rete dei PF italiani che quotidianamente frequenta Bluerating.com e partecipa sempre più attivamente alle discussioni della relativa comunità online si sta scaldando. Oggetto del contendere è il futuro di una professione per alcuni fin troppo sfruttata dalle mandanti che per alcuni nostri utenti mirano al “controllo totale o eliminazione professionale” delle reti di promotori. “Non credo che sia giusta la via della consulenza indipendente”, aggiunge il professionista con tono disilluso, spiegando: “questa potrà essere una parte del nostro lavoro, (ma) la gente ancora non è pronta per pagare un giusto riconoscimento per avere consigli, (o) almeno in alcune parti del nostro paese non vi è questa cultura.”

 

La strada della consulenza, che pure sembra piacere ai vertici di molti importanti gruppi, da Azimut a Fineco, non convince del tutto i PF, alcuni dei quali stigmatizzano come “Foti parla bene ma razzola male” sottolineando come il progetto Advance sia realmente valido, ma non risolva il problema: “bello essere considerati consulenti ma poi perché veniamo valutati sull’apertura dei conti correnti?” si chiede pertanto il professionista. Per opporsi al declino, suggerisce un altro collega, non basta la volontà più o meno sincera di singoli manager o gruppi, è necessario piuttosto da parte dei promotori italiani fare “squadra tutti insieme” e rivendicare un vero cambio di rotta. 

 

“Siamo parificati agli agenti di commercio? Allora via al plurimandato, così possiamo lavorare con le reti che ci trattano meglio, liberandoci da reti piramidali, costose, e migliaia di manager parassiti!” è la proposta, molto concreta, del promotore in questione.  In caso contrario, aggiunge un altro utente di Bluerating, “il declino (della professione, ndr) è certo” anche perché “le banche hanno sempre creato business per loro” più che per i propri promotori e agenti.  Ora il “sistema promotori” non sembra servire più e le mandanti riportano “il business “dentro” e di conseguenza le Sim stanno piano piano andando alla deriva”. 

 

In quest’ottica più che uno strumento per riqualificare la professione “la consulenza indipendente è stata la premessa per mettere “fuori” i promotori, scaricandosi di tutti gli oneri” che prima con margini più rotondi le mandanti “accettavano di buon grado”. Se si aggiunge che “ormai il cliente non è più disposto a sottoscrivere prodotti con costi alti e rendimenti infelici” si capisce come il disagio della “base” sia ormai a livelli elevati. 

 

E qui sarebbe utile ricordare come da anni Mediobanca fotografi una situazione che vede puntualmente la maggior parte degli strumenti di risparmio gestito italiano, in particolare a causa di elevati costi di gestione, non riesca a battere in termini di rendimento neppure i titoli di stato a breve scadenza. “Non è colpa del mercato”, conclude il nostro utente, secondo la cui esperienza “l’80 % dei clienti italiani dopo 10 anni di investimenti è ancora in perdita, ma le banche hanno generato montagne di utili” per la gioia solo o quasi dei propri azionisti.

 

Insomma: la consulenza è una chimera se prima non si cambia la natura stessa delle reti distributive italiane, eliminando un numero di livelli gerarchici eccessivi, diminuendo i costi e tornando a offrire prodotti forse meno redditizi nell’immediato ma in grado di tornare a dare risultati positivi alla clientela, riconquistandone quella fiducia che dovrebbe essere alla base del rapporto tra PF e risparmiatori. Peccato che questo voglia dire toccare interessi consolidati, non solo delle mandanti ma anche di parte delle reti, o quanto meno di parte dei manager delle reti stesse. Secondo voi che soluzioni possono aprirsi, al di là di quello di una sempre più forte e condivisa richiesta dalla “base” nei confronti delle mandanti di maggiori tutele per PF e loro clienti? 

 

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