Pf, il futuro è nero a meno che…

Il futuro della professione di Promotore Finanziario deve passare per una ridefinizione delle strutture organizzative di rete e del ruolo e competenze dei suoi manager. Gli utenti della comunità online di Bluerating.com non hanno molti dubbi al riguardo e semmai avvertono: “può sembrare assurdo augurarsi la fine prima possibile del lavoro del quale si vive, ma prima accade è meglio è si ripartirà daccapo e forse meglio”.  “Non credo, si lamenta un PF, che siamo ormai troppo lontani da questo momento, ormai le mandanti tra burocrazia ed altro ci hanno stretto il cappio al collo”.

 

Un cappio che la consulenza promessa come panacea di tutti i mali dai vertici di molte società non sembra in grado di sciogliere. “L’80% dei fondisti è in perdita” rincara la dose un altro professionista che aggiunge esasperato: “ma che consulenti sono quelli che gli hanno venduto i fondi? Io sono disposto a pagare banche e consulenti se mi fanno guadagnare. Altrimenti è una presa in giro, parcelle o meno”. Insomma, come ricorda un promotore, ormai è “percettibile il disagio in cui viviamo”, semmai occorre chiedersi se le mandanti “potrebbero vivere anche senza di noi? Facciamo sapere all’opinione pubblica il nostro “disagio” e vediamo come le mandanti vogliono agire di conseguenza”. 

 

La consulenza, insomma, non convince, anche perché prima occorrerebbe fare pulizia in casa propria: “Prima di usare paroloni sulla consulenza (che la stragrande maggioranza dei clienti non accetta e mai la accetterà) iniziamo a dare una ripulita, eliminando figure inutili e rimettiamo queste figure a consumare le scarpe sui marciapiedi come invece fanno tutti gli altri” è la proposta di un altro nostro lettore, che propone: “iniziamo a gratificare chi quotidianamente si scontra con i pensieri della clientela, poi tutto verrà da sé”.

 

Ma se “la struttura dei promotori è ormai agli sgoccioli” e la figura del PF ormai “è stata fagocitata dalle banche”, il PF è “l’ultima ruota del carro, è sempre quello che hai gli oneri e pochi onori, è quello che firma per far sottoscrivere ed è quello che prende scarpate sui denti se le cose non vanno” e per arrivare “a provvigioni decenti deve per forza fregarsene del profilo clienti”, visto che “il cosiddetto management fee, cavallo di battaglia di molte azienda, viene diviso tra azienda manager e promotori, nel migliore dei casi” e “in alcune aziende è una chimera”, la colpa per i PF italiani sembra essere ripartita in molti casi tra le mandanti e i manager di rete.

 

Così non mancano le reazioni indignate o ironiche alla notizia che Banca Mediolanum ha deciso di intraprendere un’inchiesta “ad ampio raggio” relativa all’intera attività dei 50 promotori al centro di un indagine per sospetta elusione fiscale da parte della Procura di Milano, indagine che vedrebbe coinvolto tra gli altri Oscar De Montigny, presidente della Mediolanum Corporate Academy. Un nome che, ricorda un utente di Bluerating.com, è molto vicino a quello del fondatore Ennio Doris visto che “è il compagno, nonché padre dei figli di Sara Doris” (figlia del presidente di Mediolanum). 

 

Tanto che uno sconfortato PF di Mediolanum rivela: “Sono un PF di Mediolanum e vi garantisco che tira un aria nella rete che non è affatto bella per questa vicenda” e chiede: “vogliamo tutti i nomi di questi furboni”, “il fatto che Oscar, il genero di Ennio, sia implicato mi fa pensare molto”. Al punto da unirsi al grido di altri colleghi che suggeriscono: certi manager, “mandiamoli tutti a casa”.

 

E voi che ne pensate, davvero il problema principale è l’inadeguatezza della struttura di costi e commissioni, unitamente ad una qualità manageriale scarsa? O sono solo casi di singole società che sembrano aver tollerato maggiormente comportamenti poco trasparenti anche a costo di non fare sempre gli interessi della propria clientela e, in ultima analisi, di mettere in crisi l’intero comparto dei promotori finanziari italiani? Come sempre potete indirizzare i vostri commenti qui.

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