Ipo Fideuram: quale sarà il guadagno per promotori e clienti?

Riflettori puntati su Banca Fideuram: il 2009 si è chiuso con un utile netto stabile a 178,4 milioni di euro (+1,3% sul risultato 2008), nonostante un forte aumento della raccolta netta totale (2,8 miliardi, rispetto ai 345 milioni dell’esercizio precedente), grazie in particolare al forte impulso ricevuto dallo Scudo Fiscale (2,4 miliardi di nuova raccolta netta, di cui 2,1 miliardi già incassati nell’anno e 300 milioni che verranno contabilizzati nel 2010). A fine dicembre gli Aum ammontavano così a 67,8 miliardi, saliti a fine gennaio a 67,9 miliardi.

 

Numeri importanti in vista dell’Ipo, di cui il Cda ha di recente confermato l’avvio delle procedure per giungere al (ri)collocamento sul listino di Milano. Fideuram è l’azienda leader italiana, conta su circa 1.500 dipendenti e 4.300 private banker che fanno capo alle sue due reti (Banca Fideuram e Sanpaolo Invest), con una quota di mercato che a livello di gruppo Intesa Sanpaolo (facendo dunque riferimento ai 114 miliardi di patrimonio risultanti a fine febbraio secondo Assogestione) del 26,27% contro il 15,12% del più diretto concorrente (Pioneer Investments, ossia il gruppo UniCredit) ed una massa di oltre 4 volte superiore a quella di Banca Mediolanum (16,6 miliardi a fine febbraio, il 3,82% del mercato italiano).

 

Se l’interesse per la controllante Intesa Sanpaolo è evidente (si parla di una valorizzazione dell’intero capitale di Banca Fideuram che potrebbe arrivare attorno ai 3 miliardi di euro), resta da capire quanto verrà in tasca ai PF da una simile operazione. Secondo alcuni lettori di Bluerating la quotazione potrebbe favorire una maggiore trasparenza nei rapporti tra la mandante e la sua rete, oltre che tra gli stessi PF e la clientela, il che non sarebbe poco. Ma nel concreto, anche rispetto ad altre esperienze, da Anima ad Azimut, da Mediolanum a Banca Generali, quali sarebbero i vantaggi per i professionisti del gruppo?

 

La sensazione è che i punti centrali restino la necessità di eliminare le strutture piramidali e rivedere profondamente la figura dei manager, o l’operazione in sé non creerà né tanto meno distribuirà valore ad altri che all’istituto stesso. Scrive un nostro lettore per portare un esempio del “parlare tanto e basta”: “Siamo da poco tempo entrati a far parte di una realtà bancaria tradizionale, prima facevamo parte del gruppo,ora siamo una divisione. La direzione chiaramente è lontana mille miglia dalla nostra realtà e la delega di comando è in mano ancora a chi sino ad ora ha retto la banca di promozione finanziaria”.

 

Ebbene, “come buon augurio si era parlato finalmente di cambiare la assurda struttura piramidale della vecchia rete ed invece nulla è cambiato” se non in peggio: “La ciliegina è anche il cambio delle nostre condizioni economiche (si cambia il sistema provvigionale )in peggio, spingendo l’acceleratore sulla redditività alla faccia della Mifid e soprattutto senza mai uno straccio di confronto”. Il tutto, come sempre, “per far quadrare i conti alla struttura piramidale. I dipendenti hanno ottenuto tutto, noi PF siamo considerati di serie C”. E poiché in Italia a sospettare si fa peccato ma a volte ci si prende, tutto il gioco di rilanci sulle valutazioni possibili di Banca Fideuram sembra far sorridere i vertici di Intesa Sanpaolo, ma non si capisce bene se e quanto farà sorridere i suoi PF e la clientela. E voi come la pensate? Come sempre indirizzate qui i vostri commenti

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