Reti: il “modello Fineco” è quello giusto per il futuro?

Il settore del risparmio gestito italiano continua a vivere una fase di riorganizzazione continua, assistendo con un certo sconforto all’emergere di nuovi protagonisti come le Poste Italiane, autorizzate  in questi giorni dall’Isvap a operare anche nel ramo Danni ed il cui successo fa commentare a un lettore di Bluerating: “Finché l’ignavia regnerà, anche la mancanza di preparazione, l’incompetenza spesso, della stragrande maggioranza dei colleghi delle Poste risulterà premiata. Siamo in Italia: hanno più clienti i discount delle boutique. I risultati poi saranno quelli che saranno”.

 

Se il confronto con strutture come quelle di Poste Italiane, provenienti da una storia e una cultura molto distante da quella che ha portato alla nascita delle reti distributive in Italia, appare ancora incerto anche nell’approccio, non si può dire che i promotori italiani non sappiano fare autocritica in casa propria o, se preferite, che la concorrenza tra le singole reti non sia viva. Tutt’altro: così la vicenda delle “bacchettate” di Consob a Banca Generali e Banca Network ha fatto molto discutere i lettori di Bluerating attorno al mai risolto problema della tendenza di molte se non tutte le strutture a privilegiare i prodotti “di casa” rispetto a quelli di altre società.

 

Insomma, tutte le mandanti a parole sposerebbero la logica “multibrand”, ma poi internamente gli incentivi scattano spesso solo per i prodotti di casa e dato che non si vive di sola gloria per i PF c’è poco da scegliere, o si “spingono” i prodotti con management fee più elevati o in questa situazione di mercato è difficile arrivare alla fine del mese, con buona pace di chi vorrebbe porre l’accento sulla consulenza alla clientela e la difesa degli interessi di quest’ultima.

 

Eppure qualche realtà inizia a segnalare un nuovo approccio: un promotore di Fineco Bank (gruppo UniCredit) ricorda ad esempio che “Fineco i bonus li paga uguali a prescindere dalle operazioni ed ora siamo liberi con la consulenza Advice, perché siamo pagati solo dal cliente. Dalle operazioni finanziarie con Advice non prendiamo un euro, siamo liberi e consulenti”. Mentre un altro collega di Montepaschi Banca Personale (MPSBP) si definisce “un PF tranquillo e felice” e ribadisce, rivolto a chi sembra propenso solo a lamentarsi: “questa è una bellissima professione, siete voi che vi siete rovinati con le vostre mani e piangete miseria”.

Il sospetto che in Fineco qualcosa stia effettivamente cambiando viene del resto scorrendo i più recenti dati sulla raccolta, salita a febbraio a 128,7 milioni di euro dai 115,6 milioni di gennaio, per merito in particolare della raccolta dei fondi, balzata da 129 a 203,5 milioni di euro, nonostante un lieve calo di PF (2.438 a fine mese contro i 2.465 di fine gennaio). Insomma: dopo il “modello Mediolanum” e dando per scontato che qualche problema possano averlo tutte le strutture, il mercato andrà sempre più polarizzandosi tra grandi “discount” come Poste Italiane e strutture in grado di offrire un modello di consulenza a 360 gradi come promette Fineco?

 

Visti i numeri in gioco sarebbe questa una prospettiva importante per una professione che non sembrerebbe altrimenti in grado di prosperare solo grazie a qualche “boutique” finanziaria. E voi che ne pensate, il “modello Fineco” prenderà il testimone di Mediolanum e Fideuram? O anche la struttura di Alessandro Foti avrà i suoi problemi a sopravvivere in uno scenario sempre più competitivo? Indirizzate come sempre le vostre osservazioni qui.

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