Pf e consulenti: fare chiarezza serve a tutti, o no?

L’albo dei consulenti piace anche ai diretti interessati, oltre a suscitare evidenti appetiti da parte delle mandanti e della loro associazione di categoria, Assoreti. Lo prova l’intervento su Bluerating di Bruno Fanan, consulente fee-only e membro Nafop, che sottolinea ancora una volta la necessità di fare chiarezza sui ruoli di dipendenti, promotori e consulenti in quanto non è “questione di capacità o competenze (queste vanno riconosciute solo dai clienti), ma è ora di mettere un paletto netto tra attività così diverse, affermando una volta per tutte le lapalissiane identità di mansione”. 

 

Che vi siano legittimi interessi a fare chiarezza lo riprovano anche i primi commenti giunti da parte degli utenti di Bluerating alle considerazioni di Fanan. Commenti tutti a favore delle parole di Fanan ma che si distinguono tra chi nota che tutto il ragionamento “cozzi contro l’interesse delle banche e delle reti” anche se andrebbe tutto a vantaggio della clientela (e in ultima analisi, aggiungiamo noi, dei professionisti in grado di meglio rispondere alle necessità della stessa)e chi prova a fare un’analisi un tantino più cattivella e “un po’ meno politically correct”.

 

Secondo quest’ultima corrente di pensiero le mandanti “nell’evidente timore di perdere potere” starebbero già correndo ai ripari “intervenendo, come sempre, in modo arrogante e scorretto” come appare dalla contrapposizione su cui si basa lo spot di una nota campagna pubblicitaria in onda in queste settimane in cui un “consulente” bancario viene contrapposto ad un “venditore di prodotti finanziari” in verità rappresentato in modo abbastanza simile a un imbonitore.

 

Si dirà: è il bello (o il brutto) della pubblicità comparativa, ma il nostro lettore sospetta che le mandanti intendano invadere “un terreno che non è loro” e come dunque occorra (da parte dei promotori finanziari e dei consulenti) “essere vigili e denunciare sul nascere ogni tentativo d’aggiramento della normativa la quale dispone che la consulenza” vera, ossia “indipendente, cioè in totale assenza di conflitto d’interessi”, può essere svolta (previa iscrizione all’Albo) unicamente da “chi non è a busta paga o non ha mandati da qualsivoglia istituzione finanziaria”.

 

In questo senso si è espresso anche Mario Noera, nome noto dell’asset management italiano in questi giorni eletto presidente dell’Aiaf (Associazione finanziaria analisti italiani) ricordando varie volte come “il consulente è pagato dal cliente (e solo dal cliente) ed il promotore è pagato dall’intermediario (e solo dall’intermediario)” come nota il nostro lettore. Che conclude esprimendo il proprio timore che neppure nel 2010 l’albo dei consulenti potrà vedere la luce anche perché come dichiarò nel 2007 in una intervista l’allora presidente di Assogestioni, Guido Cammarano, “con l’introduzione della figura del consulente puro si scherza col fuoco e si rischia di scardinare il sistema distributivo italiano”.

 

E voi che ne pensate, davvero la consulenza indipendente fa così paura? O da una più netta definizione dei ruoli e degli ambiti operativi di ciascuno degli attori coinvolti (mandanti, dipendenti, promotori e consulenti indipendenti) alla fine il settore ne avrebbe da guadagnare, venendo meglio tutelato l’interesse dei risparmiatori? Come sempre indirizzate qui i vostri commenti.

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