Veneto Banca, Opa controcorrente

Escluso il delisting, ma esclusa anche qualsiasi ipotesi di fusione sul lungo termine. La “presa” di Veneto Banca su Bim, a parte la fuoriuscita dei Segre nell’azionariato, non provocherà grossi scossoni sull’asse veneto-piemontese. Piuttosto: “sinergie commerciali tra le due reti, che rimarranno autonome, e il potenziamento di un’attività, il private, su cui puntavamo da tempo, a completamento dell’offerta esistente”. Così Flavio Trinca, presidente di Veneto Banca Holding, in merito all’operazione di fusione per incorporazione di Cofito (la holding di controllo di Bim partecipata al 40% da Veneto Banca e per il restante 60% dai soci fondatori) in Vbh, propedeutica all’Opa su Banca Intermobiliare. Alla fine dell’operazione Veneto Banca Holding busserà alla porta delle top ten del credito italiano, posizionandosi in undicesima posizione come masse amministrate (saranno circa 70 miliardi di euro dagli attuali 45,6 miliardi), con gli sportelli che saliranno a 570 da 543. Quella messa a segno a Torino è l’ultima di una lunga serie di operazioni con cui la piccola banca trevigiana si sta trasformando in un gigante nazionale. Forte di una presenza nei Balcani (in Romania, Albania, Moldavia, Croazia), nel 2007 compra la Popolare di Intra. Poi, alla fine del 2009, il doppio deal in Puglia (con BancaApulia) e nelle Marche (con Carifac).
Infine, l’operazione su Generali, attraverso Ferak (peraltro già socia di Generali e partecipata oltre che da Vbh da Palladio Finanziaria, dagli Amenduni e dalla Finint di Enrico Marchi) e in accordo con la fondazione Crt: insieme (tramite Effeti) comprano il 2,26% messo in vendita da UniCredit. Ma il “pallino” del private, quello, risale a tempo addietro, esattamente a due anni fa, quando il gruppo di Vincenzo Consoli avviò le trattative con Bim che portarono alla cessione di Intra Private Banking, in cambio di una partecipazione del 40% in Cofito. Chissà se già allora il management sapeva che quello sarebbe stato solo il primo passo per salire
al comando della roccaforte piemontese. Sta di fatto che nel frattempo il vento è cambiato, i rapporti tra i Segre e gli altri soci storici di Bim, le famiglie D’Aguì, Scanferlin, e Giovannone, si sono definitivamente consumati, lasciando libero il campo a una new entry. E chi meglio del gruppo di Montebelluna, già socio affidabile e in forte ascesa nel panorama del credito italiano?
Di sicuro, la scelta di Veneto Banca è contro-corrente: oggi le banche tendono a “esternalizzare” le attività di private (Intesa con Fideuram) e asset management (Mps con Prima Sgr). Veneto Banca fa tutto il contrario: le internalizza, facendo leva sulle competenze di Bim, la “regina” del private italiano. “L’occasione è arrivata – racconta Trinca a SOLDI – e abbiamo ritenuto opportuno coglierla. È un investimento che darà i suoi frutti”. Di sicuro il Piemonte, ricco di pmi, offre un bacino interessante di clientela per il gestito e, in particolare, per i fondi pensione. L’operazione, che attende il via libera delle varie autorità, prevede la fusione per incorporazione di Cofito in Vbh, al termine della quale l’istituto veneto arriverà a detenere il 55%
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