Chi si adatta vince

La stagione delle trimestrali continua e riporta sotto i riflettori un “big” europeo come Deutsche Bank, che ha annunciato stamane di aver chiuso i primi tre mesi dell’anno con utili in crescita del 48% a 1,76 miliardi di euro (consensus: 1,33 miliardi) rispetto agli 1,19 miliardi dei primi tre mesi dello scorso esercizio.  A dare un deciso contributo, come già era accaduto per Bank of America, Citigroup, Goldman Sachs e Morgan Stanley, sono ancora una volta le attività di banca d’investimento che hanno raddoppiato gli utili, con 2,6 miliardi di utile ante imposte grazie in particolare ai profitti legati alle attività di intermediazione azionaria e nel reddito fisso.

Insomma, lo avevamo già notato la scorsa settimana e ne abbiamo una conferma: se a livello macroeconomico la crisi “del secolo” ha sicuramente mutato profondamente lo scenario con i consumatori statunitensi meno propensi a spendere l’intero reddito ed anzi tornati a risparmiare circa un 4% del proprio reddito disponibile e la Cina (e in minor misura altri paesi emergenti) che dopo aver cavalcato per anni la crescita delle esportazioni verso l’Occidente sembra sempre più intenzionata a riorientare il proprio modello di sviluppo verso la crescita della domanda interna (ossia dei consumi), a livello microeconomico la crisi non ha generato particolari sorprese.

Semmai ha confermato che certamente esiste un livello, quello normativo, dove l’intervento delle autorità nazionali e sovranazionali dovrà essere più incisivo e tendere a ottenere maggiore trasparenza e rispetto delle norme, ma a livello aziendale chi esce dalla crisi più forte di prima sono quei gruppi che negli anni hanno saputo investire nelle competenze, incluse quelle nei settori dell’intermediazione e del risparmio gestito, adattandosi meglio e più rapidamente ai mutati contesti competitivi. Così se BlackRock continua a crescere grazie agli ETF e fondi a gestione passiva portati in dono dalla recentemente acquisita Barclays Global Investors, Goldman Sachs, Morgan Stanley, ma anche Bank of America e Citigroup da un lato dell’Atlantico, Deutsche Bank, Ubs e in minor misura Credit Suisse dall’altro, riescono a macinare utili facendo, bene, il mestiere di trader.

Più confusa appare la posizione delle banche italiane, scampate meglio di altre alla tempesta non per la propria maggiore abilità e competenza ma semplicemente perché in gran parte (con la parziale eccezione di UniCredit) escluse dal “grande business” finanziario mondiale. Una posizione che rischia di far perdere rapidamente posizioni via via che la crisi finanziaria va risolvendosi e che i grandi colossi mondiali utilizzano gli utili derivanti dalle attività “speculative” per fare poi acquisti e rafforzarsi in altri settori, proprio come ha fatto in questi mesi Deutsche Bank, così da non dipendere in futuro in modo troppo rilevante da un solo ramo d’attività.

Che conseguenze potrà avere questo quadro in movimento per quelle che sono le prospettive del risparmio gestito italiano e in particolare per la categoria dei promotori finanziari da un lato e dei consulenti finanziari dall’altro è ancora presto per dire con certezza, ma che i professionisti italiani del risparmio debbano prendere atto che il mercato sta nuovamente mutando è indubbio. E voi cosa prevedete, che esempi avete da proporre o discutere? Inviate come sempre i vostri commenti, li aspettiamo qui: Risparmio gestito: no a nuove leggi

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