Risparmio gestito: tutto deve cambiare (perché non cambi nulla)

I mercati continuano nelle loro giravolte, anche a causa di una strategia di comunicazione da parte delle massime autorità coinvolte (Bce, Ue e Fmi) a dir poco imbarazzante, visto che dopo aver tentato di minimizzare l’impatto della crisi dei PIIGS, oggi esponenti di primo piano come il consigliere tedesco della Bce Axel Weber e il direttore dell’Fmi, il francese Dominique Strauss-Kahn, parlano di un “rischio-contagio” molto alto e di rischi elevati nel caso in cui il piano di aiuti da 110 miliardi di euro in tre anni non fosse rapidamente varato.

Un piano che per la verità non convince del tutto gli analisti e gli operatori, tanto più in presenza di nuovi downgrade come quello “messo in preventivo” giusto oggi da Moody’s nel caso del Portogallo (ma la Spagna potrebbe essere la prossima “vittima” e anche l’Italia non sembra immune da tensioni, visto l’andamento degli spread dei titoli di stato italiani e tedeschi). Così anche Wall Street, fino all’altro ieri “rassicurata” da una pletora di esperti o presunti tali circa la sua sostanziale immunità alla crisi scopre di aver paura di un contagio (e visti i numeri a cui viaggia il debito americano da un lato e il nuovo abbassamento dei tassi di risparmio dall’altro l’ipotesi appare non così peregrina).

In tutto questo il settore del risparmio gestito “paga dazio” in borsa almeno quanto a livello operativo, con quotazioni in calo da un lato e numero di promotori in uscita che tende a salire dall’altro. Uno scenario difficile, dove la proclamata voglia di rinnovamento delle grandi e piccole strutture che operano sul mercato italiano non sembrano convincere i lettori di Bluerating.

“Lavoro nella rete numericamente più grossa” spiega uno di essi “e vi posso assicurare che non cambierà niente, tutto rimarrà uguale: le banche continueranno a guadagnare uno sproposito ed i promotori a fare da galoppini”. Secondo il professionista, infatti, “a nessuno interessa dell’investitore, neanche a Banca d’Italia!” che pure, come del resto la Consob, sembra spingere per una riforma del settore che garantisca una maggiore trasparenza di comportamento e una riduzione delle inefficienze che possano causare, come ora, un incremento dei costi per i risparmiatori italiani.

Che vi siano incongruenze anche nei modelli alternativi all’impostazione “classica” di Banca Mediolanum è peraltro evidente anche da un altro commento di un nostro lettore, che parlando di Banca Fineco nota come non sia detto che il promotore Fineco lavori. “Se il cliente fa da sé (come pare in molti casi, almeno a leggere il commento di un cliente di quella struttura pubblicato proprio su Bluerating, ndr), quello che arriva al promotore è tutto grasso che cola”. Piuttosto, conclude il nostro lettore, “lo scandalo sono le commissioni di ingresso che Fineco applica in entrata ad alcuni prodotti”, che per una banca online appaiono sproporzionate.

Insomma: non viviamo nel migliore dei mondi, questo è certo. Ma nel concreto come sta tentando la vostra struttura di adeguarsi al nuovo scenario competitivo e di mercato? E trovate che la risposta sia corretta e all’altezza della sfida? Inviate come sempre i vostri commenti qui:
Reti: il “modello Fineco” è quello giusto per il futuro?

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