Confessioni di un ex promotore che andava controcorrente

Gentile redazione di Bluerating,
vi scrivo perché mi sento in dovere di portare la mia voce a favore della categoria dei promotori finanziari, di cui io facevo parte fino a poco tempo fa. Quello che vi voglio raccontare, e che forse è emerso ancora poco dal sito internet, è la strapotenza dei manager, motivo principale del mio addio a questa, teoricamente stimolante, professione.

Mi ricordo, i primi anni ero giovane, sottostare a chi mi diceva cosa e come farlo, non mi preoccupava più di tanto. Così, una volta fatto l’esame, ho iniziato ad aumentare pian piano il mio portafoglio, con tanta fatica e sudore. Da qui sono cominciati i problemi: più portafoglio doveva significare più autonomia, almeno così mi avevano sempre detto. La realtà era che mi sentivo più responsabile, più “tranquillo”, e quindi avevo adottato un approccio più prudente con i miei clienti, tenendoli generalmente lontani il più possibile da un mercato azionario la cui esplosione di volatilità mi stava preoccupando (era il 2007).

Mai nulla fu più sbagliato. Così facendo mi attirai le antipatie del manager di turno (era un raccomandato tra l’altro, figlio di un dirigente), che, nonostante io avessi la piena fiducia dei miei clienti, mi accusava di essere una persona senza iniziativa, non adatto alle ambizioni di crescita della società (una delle più importanti a livello nazionale). Insomma, una volta me lo disse chiaro “non sei fatto per fare il promotore”. Lo presi in parola, salutai tutti e me ne andai via, senza scendere a compromessi con la mia coscienza. Ancora oggi, pur avendo cambiato professione, alcuni miei ex clienti mi chiamano per avere qualche dritta. Da amici.

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