Previdenza e risparmio gestito, matrimonio impossibile?

Che vi sia un’esigenza in questo settore è evidente da sé, visto le continue manovre sul fronte pubblico tese a innalzare l’età pensionabile, ridurre le finestre d’uscita, modificare i coefficienti rivalutativi in senso non certo favorevole agli iscritti, il tutto nel tentativo di far quadrare i conti dopo decenni di gestioni “allegre” che non hanno saputo o voluto tener conto di quello che era il quadro demografico che andava disegnandosi.  Così non stupisce che anche in un periodo turbolento come quello attuale la crescita del settore prosegue, seppure a ritmi ridotti.

Secondo l’ultimo  rapporto trimestrale elaborato dall’ufficio statistiche di Assogestione nei primi tre mesi dell’anno si è avuto un aumento delle adesioni, con un numero di iscritti in crescita e pari a 896 unità (valore al lordo delle duplicazioni), una raccolta netta di oltre 228 milioni di euro e un attivo netto che supera i 6,6 miliardi di euro. Nel corso dei primi tre mesi del 2009, precisa Assogestioni, le adesioni sono state pari a 438 milioni di euro, mentre alla voce erogazioni e riscatti il rapporto statistico evidenzia movimenti per 209 milioni di euro.

Eppure molti PF sembrano sfiduciati, essendo stati testimoni di come in molte banche e assicurazioni italiane prevalga ancora una mentalità che “tende a fottere tutti i clienti e coloro che ci lavorano, specialmente i PF” come spiega senza peli sulla lingua un nostro utente. Gli dà manforte un collega che si domanda: “Ma avete visto i dati Assoreti? Andate sul sito (a verificare i dati) sulle raccolte nette uscite oggi” e chiedetevi perché vi siano banche “come al esempio A—— Bank che da mesi fanno solo assicurativo? Dato progressivo da gennaio a aprile 2010 flussi netti totali euro 178.600.000, di cui flussi netti assicurativo euro 405.063.000”. Quali contest, quali maggiori commissioni, quali imposizioni od altro spingono i PF che lavorano per una banca a fare solo assicurazioni e trasferire il gestito in assicurato, si chiede il promotore?

Che poi aggiunge: “Se allora la banca ritornasse ad essere solo assicurazione avrebbe una connotazione più  chiara e trasparente per la clientela, come dice l’Avv. Esini su Bluerating nell’articolo “Generali e soldatini” non sono anche questi conflitti di interesse, qui la MIFID non tutela i clienti? E poi parliamo di consulenza, ma chi si può fidare di noi PF se alla base di tutto ci sono solo i maggiori ricavi della banche e il lavaggio del cervello verso la struttura comandata come da Generali “obbedisco”?”.  Forse però la colpa della persistenza di certe strutture e di certa mentalità ricade anche in parte sugli stessi promotori, che a volte sembrano impegnati solo a “lavorare a testa bassa” secondo le direttive della mandante senza chiedersi quali possano essere le conseguenze, per i loro clienti e per sé, di certe pratiche.

Spiega un “ex”: “7 anni in Mediolanum, ossessionato dal fare polizze, ho cercato strenuamente di farne il meno possibile, poi… ho dovuto cambiare società. Sono uscito con 5 milioni di portafoglio ed un management fee dello 0,27% medio. Oggi, a 5 anni dall’uscita, ho 14 milioni di portafoglio, un management fee medio dello 0,53% e il multibrand.e non sono obbligato a fare polizze… Sembra poco?”. No, anzi sembra indicare che anche in situazioni di non perfetta concorrenza tra le mandanti e di scarsa trasparenza verso i risparmiatori, una scelta differente si può sempre fare a patto di avere le capacità di farla. E voi che ne pensate? Indirizzate come sempre i vostri commenti qui

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