Banche, il risiko ripartirà dalla Spagna ma sarà rivolto ai “medi calibri”. Quali i riflessi in Italia?

Il parallelo non sembri ardito, ma se una cosa la crisi dei PIIGS europei l’ha insegnata è che in questi frangenti i problemi di uno possono indicare dove mettere le pezze ad un altro. Così mentre il governo ungherese fa rapidamente marcia indietro e dichiara che no, non corre alcun rischio concreto di finire in default e che di certo la situazione del paese non è quella della Grecia (con buona pace di quanto detto venerdì dal premier Viktor Orban) qualcuno in Italia guarda alla crisi bancaria spagnola per trarre segnali indicazioni di cosa potrà succedere nei prossimi mesi anche nel Belpaese.

 

In Spagna, secondo uno studio di Citigroup, il sistema delle casse di risparmio, pesantemente esposto nei confronti del settore immobiliare, potrà avere bisogno dai 24 ai 34 miliardi di mezzi freschi nei prossimi anni per superare la crisi, una manovra che probabilmente più che dimezzerà il numero dei gruppi esistenti rispetto ai 46 attuali. In Italia dopo le maxi-fusioni degli anni scorsi Bankitalia sembra intenzionata a favorire un consolidamento degli istituti di medie dimensioni, in buona misura operanti proprio nel settore del credito popolare e delle casse di risparmio e rurali.

 

Un consolidamento che potrà avere riflessi anche sul settore del risparmio gestito sia col rafforzamento di alcune strutture sia col rimescolamento delle carte sul tavolo. Intanto un “medio calibro” che aspira a crescere come Ubi Banca ha pensato bene di rilevare Prestitalia, società attiva nel settore del credito al consumo e specializzata in finanziamenti concessioni a fronte della cessione del quinto dello stipendio e dei finanziamenti su delegazione di pagamento a dipendenti pubblici e privati. Riprendendo così una tendenza già notata prima della crisi finanziaria dell’ultimo biennio al potenziamento delle attività legate al credito al consumo più che al risparmio gestito da parte delle banche.

 

Così il dubbio resta: la crisi del debito e le misure che l’Europa va prendendo oltre al possibile impatto macro incoraggeranno nuove aggregazioni? E nel caso questi nuovi soggetti (ma anche i gruppi di maggiori dimensioni) proveranno a rilanciare la sfida nel risparmio gestito o si accontenteranno di sottoscrivere qualche accordo distributivo concentrando invece i propri sforzi nella loro attività tradizionale di banca commerciale, eventualmente rafforzandosi in settori come quelli del credito al consumo e riducendo invece gli investimenti e l’attenzione per quanto riguarda lo sviluppo e il collocamento di nuovi prodotti e servizi gestiti? A voi come sempre l’occasione di manifestare le vostre riflessioni qui

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