Basilea 3, la lobby delle banche attacca

Le banche non ci stanno e attaccano nuovamente Basilea 3. Questa volta attraverso l’Institute of International Finance e la Federazione delle banche europee che hanno diffuso due documenti che rivelano gli effetti (negativi) delle stringenti regole imposte con la futura Basilea 3.

L’IIF, in particolare, ha reso noto un studio secondo il quale gli istituti di credito saranno costretti, da qui al 2015, a raccogliere oltre 700 miliardi di dollari di capitale ordinario e dovranno emettere debito a lungo termine per 5.400 miliardi di dollari. Tutto solo ed esclusivamente per soddisfare i requisiti patrimoniali e di liquidità richiesti dalla cosiddetta Basilea 3.

Secondo la Federazione delle banche europee, inoltre, l’impatto di Basilea 3 sulle banche determinerà una frenata della crescita economica globale e questo comporterà la perdita di circa 5 milioni di posti di lavoro a livello internazionale. Non a caso, secondo lo studio dell’IIF che riunisce 400 istituzioni finanziarie internazionali, se non cambieranno, almeno in parte, le regole nei prossimi 5 anni l’impatto sulla crescita sarà dello 0,9% annuo in Europa e dello 0,5% negli Stati Uniti. Non solo, considerando la perdita di reddito nominale si assisterà ad un impatto sulle entrate fiscali del Vecchio Continente di circa 300 miliardi di euro (il 3% del pil).

I banchieri chiedono quindi di mantenere lo status quo? Assolutamente no. Secondo quanto riportato dal Sole 24 Ore di oggi, Josef Ackermann, presidente della Deutsche Bank e dell’Iif, ha ammesso le colpe della categoria nel determinare l’attuale crisi, ma ha anche chiesto di non seguire la via delle tasse “sulle transazioni finanziarie, scrive il Sole 24 ore, come quella proposta dalla Germania. «Andrebbe applicata globalmente – ha sostenuto Ackermann – non solo a livello europeo. E comunque aumenterebbe i costi, che verrebbero trasferiti alla clientela, e ridurrebbe la liquidità»”.

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