Le mille facce della consulenza

di Silvio Bencini

Che cosa fanno i consulenti per gli investimenti? Al di là delle definizioni normative il mercato sta cominciando a dare risposte molto diverse a questa domanda, con interessanti implicazioni per la struttura dell’offerta e per il modo di proporsi degli operatori. In questo articolo proviamo a descrivere il mondo dei consulenti usando due schemi: un classificazione in termini di dimensioni della clientela servita/contenuto della consulenza prestata (Tavola 1) e lo spazio rischio/rendimento della moderna teoria di portafoglio (Tavole da 2 a 4).
A sinistra del grafico della tavola 1 troviamo operatori che agiscono con una funzione di controllo dei costi e delle condizioni e di aggregazione delle posizioni. Gli elementi di valore della loro proposta sono: il risparmio dei costi che il cliente ottiene dall’avere un aiuto nella negoziazione con l’intermediario, la visione chiara dell’esposizione alle varie asset class e al rischio conseguente.
Dalla visione dell’asset allocation complessiva il consulente può mettere in evidenza fatti apparentemente banali ma utili per i clienti più sprovveduti (e non solo per loro): che gestori diversi hanno tutti le stesse esposizioni, pericolose concentrazioni in asset class o paesi, a cominciare dal proprio, uso di strumenti inutilmente costosi. Nella sua semplicità questa forma di consulenza è quella che probabilmente crea più valore, quanto meno più valore determinabile con certezza a priori. Fra evidenziare le inefficienze di un portafoglio e proporne una ristrutturazione il passo è breve. E’ perciò frequente che oltre a una semplice aggregazione di informazioni, a una analisi più o meno sofisticata di rischio e al controllo dei costi il consulente proponga al cliente la ricerca di una diversa asset allocation più coerente con il suo profilo di rischio. Immaginando il classico grafico rischio/rendimento, dove viene disegnata la cosiddetta “frontiera efficiente”, questo tipo di consulente sposta il portafoglio del suo cliente in alto verso sinistra verso, se non proprio sulla, frontiera efficiente (Tavola 2).
Se prevale la logica del risparmio, lo strumento più importante a disposizione di questo tipo di consulente, è quello degli Etf. In questa categoria si trovano diversi family office e società di consulenza per investitori istituzionali che si limitano ad attività di aggregazione e controllo, i cosiddetti “consulenti generici” e quei consulenti che fanno del risparmio dei costi la loro arma di vendita principale. Proseguendo verso destra della tavola 1 troviamo operatori che si propongono come selettori di gestori oltre che di asset class. In questo caso l’idea di base è che non solo si possa risparmiare e rendere il portafoglio più efficiente, ma che si possano trovare gestori che nella singole asset class aggiungono il cosiddetto “alfa”, cioè maggior rendimento medio a parità di esposizione al rischio di mercato. Il ruolo del consulente passa da un ruolo puramente “negativo” (riduco i costi, correggo gli errori più vistosi dell’allocazione) a un ruolo “positivo”, che si realizza trovando i gestori più brillanti e le asset class che migliorano il profilo di rischio rendimento del portafoglio.

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