Entro fine mese i gruppi bancari proprietari di una Sgr dovranno inviare una relazione dettagliata al governatore Mario Draghi e, soprattutto, adeguarsi alle disposizioni di vigilanza in merito all’autonomia delle società di gestione del risparmio.
Eppure secondo l’ultima indagine RBC Dexia (svoltasi tra marzo e aprile), solo un quarto dei rispondenti (circa il 26% del totale) ha dichiarato di essere “pienamente in grado di soddisfare le nuove regole” varate dalla Banca d’Italia lo scorso anno. A meno di due settimane dalla data attuativa il 42% degli intervistati ha affermato di avere “appena iniziato a valutare l’impatto delle nuove direttive”, mentre solo il 27% ha dichiarato di aver una “buona conoscenza dei requisiti e delle implicazioni delle disposizioni”. E questo nonostante che il 71% dei partecipanti preveda che le nuove disposizioni avranno come conseguenza una maggiore esternalizzazione delle attività non strategiche delle aziende e che i due terzi dei gestori patrimoniali ritengano che le nuove norme li costringeranno a migliorare l’adeguatezza patrimoniale (66%), nonché i processi di gestione del rischio e di trasparenza (64%).
Di fatto, peraltro, metà dei gestori intervistati ha già rafforzato i propri processi di gestione del rischio nel corso di quest’anno, citando come motivo principale (68%) le pressioni degli investitori ai fini dell’adozione di un approccio più sicuro al rischio. Analogamente, il 69% dei partecipanti ha dichiarato di voler aumentare la propria trasparenza nei prossimi 12 mesi allo scopo di fornire ai clienti informazioni più dettagliate sulle strutture dei prezzi dei fondi e maggiore confrontabilità in termini di costi, rischi e liquidità degli investimenti. Un approccio che dovrebbe dunque favorire quelle società come Banca Sara che ancora oggi hanno annunciato nuovi accordi distributivi, nel caso specifico con Threadneedle, uno dei più importanti gestori europei di fondi, ha oltre 71 miliardi di euro di attivi in gestione di cui la rete guidata da Marco Riva distribuirà 30 fondi.
Se l’apertura al multibrand è ormai una delle tendenze dominanti del mercato italiano della distribuzione finanziaria, nulla ancora sembra muoversi per quanto riguarda il discorso del plurimandato, per il quale esiste peraltro il non felice precedente del settore assicurativo, che dopo la liberalizzazione avviata dai decreti Bersani ancora vede un ampio predominio da parte di compagnia monomandatarie e registra casi di maggiorazioni di costi legate, a dire delle compagnie, proprio al maggior onere legato al plurimandato. Un’accusa che i sostenitori di questa forma di concorrenza rimandano al mittente ricordando come in un mercato oligopolista e poco trasparente finiscano con lo scaricarsi sulle spalle degli assicurati oneri più elevati di quanto non accada mediamente in Europa. Speriamo che nel caso in cui anche il risparmio gestito si apra a questa ipotesi ciò non accada, voi che ne dite? Indirizzate come sempre i vostri commenti qui.