Riflettori puntati sui gruppi bancari, negli Usa come in Italia

Mentre gli occhi di analisti e investitori sono puntati sui risultati dei “grandi” della finanza mondiale, dalle regine di Wall Street, che in questo periodo pubblicano le trimestrali (in attesa dei numeri di Morgan Stanley finora vince nettamente Jp Morgan, mentre Citigroup piace ma non strappa applausi, Bank of America si limita a centrare le attese e Goldman Sachs incappa in un trimestre no), agli istituti europei, in attesa degli esiti ufficiali (venerdì prossimo) dello stress test che ha coinvolto 91 gruppi del vecchio continente (oggi i rumors vogliono Hypo Real Estate Holding quale unico soggetto tedesco in difficoltà nell’ipotesi di una nuova crisi economica coniugata a una crisi degli emittenti sovrani), anche i “pesi medi” continuano a macinare risultati.

 

E’ il caso, oltre oceano, di gruppi quali State Street o Bank of New York Mellon, che continuano a registrare una crescita dei propri numeri e che battono le attese del mercato, ma è anche il caso, in Italia, di gruppi che finora si sono distinti a livello regionale ma non hanno mai trovato il “passo” giusto per emergere definitivamente a livello nazionale, come il Credito Emiliano. Spulciando i dati della raccolta di maggio, in particolare, la rete guidata da Stefano Bisi appare aver migliorato il proprio grado di efficienza visto che è riuscita a segnare una raccolta netta di 68,34 milioni di euro contro i 47,59 del mese precedente, per di più con una leggera limatura degli organici, avendo a fine mese 751 promotori finanziari operativi contro i 771 del mese precedente.

 

Il che significa che la raccolta media dei PF di Bisi è salita da poco più di 61.700 euro a quasi 91 mila euro (+47%), un dato sicuramente importante per una struttura facente capo a una struttura in questi mesi si trova ad affrontare una riorganizzazione della propria presenza nel settore dell’intermediazione, dell’investment banking e del risparmio gestito, con voci di una prossima cessione della controllata Abax Bank si dice a un gruppo straniero come Cazenove Jp Morgan, Cowen o Jefferies (ma alcune voci vogliono pronta anche una cordata italiana). Cessione che riavvicinerebbe l’istituto emiliano ad un profilo “classico” di banca commerciale ma che non dovrebbe avere a breve ripercussioni dirette sulle prospettive future della rete del Credem.

 

Voi che ne pensate, anche la vostra struttura è “in odore” di vendita (o al contrario vuole giocare un ruolo da protagonista)? O le mosse del risiko in corso nel settore del risparmio gestito italiano non vi entusiasmano? Attendiamo come sempre spunti, riflessioni e provocazioni intelligenti qui

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