Banche poco stressate, analisti perplessi

Come nella più classica delle favole, la montagna (di carta) ha prodotto un topolino o poco più: alla luce dei risultati ufficiali degli stress test compiuti su 91 istituti di credito europei non ci sarebbe di che essere preoccupati visto che a non passare l’esame del più “severo” tra gli scenari testati sono risultati essere solo sette istituti ed in particolare Hypo Real Estate Holding, la greca Atabank e cinque casse spagnole: Banca Civica, Diada, Espiga, Unnim and Cajasur. Sette istituti che in tutto necessiteranno di ricapitalizzare per 3,5 miliardi di euro, circa un decimo della cifra che fino a ieri gli analisti stimavano ancora necessaria al settore bancario europeo nel suo complesso.

 

Eppure dopo un avvio positivo i listini europei oggi non hanno festeggiato in modo particolarmente euforico il risultato (stando semmai attenti ai dati macro provenienti dall’America, dove il mercato immobiliare sembra reggere meglio del temuto). Un comportamento non così irrazionale, anzi: da un lato l’attesa per un sostanziale superamento “in blocco” erano maturate già nelle ultime sedute (venerdì si scommetteva se sarebbero state più o meno  di 10 gli istituti “bocciati”), dall’altro lo stress test è stato tutto meno che un processo rigoroso e condiviso. Ogni paese ha infatti potuto fare come meglio ha creduto, così le banche tedesche non hanno avuto particolari pressioni nel rivelare tutte le loro esposizioni, tanto che già oggi alcuni titoli come Deutsche Bank hanno risentito delle perplessità espresse dagli analisti perdendo terreno nel corso della seduta borsistica.

 

In particolare assai poco omogenee sono state le ipotesi prese in esame negli scenari negativi per quanto attiene alle conseguenza sul mercato del lavoro e sul mercato immobiliare (i due elementi chiave per giudicare la forza e la sostenibilità della ripresa una volta posto termine, come da tempo chiede il numero uno della Bce, Jean-Claude Trichet, alle misure di sostegno varate negli ultimi due anni dai governi di tutta Europa).  Solo per notare due incongruenze già segnalate da alcuni economisti, non appare molto credibile che ove ci fosse una nuova fase recessiva in Europa la disoccupazione in Spagna sia destinata a mantenersi sostanzialmente stabile, né che i prezzi degli immobili in Austria possano addirittura tornare a salire sia pure moderatamente.

 

E le banche italiane come si son comportate in questa mezza carnevalata? Bene ma non benissimo: tre delle cinque banche testate (Mps, Ubi Banca e Banco Popolare) sono finite di poco sopra la soglia minima del 6% di Tier 1 (che proprio gli istituti tedeschi hanno ottenuto venisse considerato come metro al posto del più significativo Core Tier 1), nello scenario avverso, mentre solo le due maggiori (UniCredit e Intesa Sanpaolo) sembrano essere ragionevolmente al sicuro da ogni incertezza. Il rischio, per gli istituti italiani come per quelli europei in genere, resta quello che, alla prima turbolenza macroeconomica di una qualche consistenza a fare un autentico “stress test” provvederanno i mercati autonomamente. Con buona pace di chi puntualmente parla di “speculazione” e si inventa misure atte a imbrigliare i mercati per contenere perdite dovute ad incapacità politica e di gestione.

 

E voi che ne pensate, le banche italiane sono davvero così robuste come affermano con soddisfazione le autorità nazionali, o vale per loro come per le concorrenti europee il sospetto che l’esito positivo del test sia dovuto a metri di giudizio troppo blandi e scarsa trasparenza? Attendiamo come sempre i vostri commenti qui

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