Banche italiane virtuose nel periodo della crisi

Nella fase acuta della crisi non si è registrata in Italia alcuna tensione sui tassi di interesse dei finanziamenti bancari. È quanto emerge da una ricerca condotta del Centro Studi dell’Abi, che ha analizzato il comportamento dei tassi di interesse nel corso della crisi, mostrando come negli ultimi due anni, nonostante le difficoltà economiche, le banche italiane non hanno registrato tensioni dal lato dell’offerta nell’andamento dei tassi sui finanziamenti.

Nel dettaglio secondo le stime del Centro Studi dell’Abi nel corso del 2009 il tasso sui prestiti a famiglie e imprese si è collocato al di sotto di quanto prevedibile sulla base di cicli economici precedenti, considerando che in una fase di rischio di credito crescente si sarebbero giustificati livelli più elevati dei tassi di quanto ipotizzabile seguendo le dinamiche registrate sui mercati. L’analisi mostra come le banche non abbiano trasferito sulla clientela le tensioni sul mercato interbancario verificatesi negli ultimi due anni come conseguenza dell’incremento del rischio di controparte.

Anche nei prossimi anni il livello dei tassi sui prestiti dovrebbe rimanere contenuto: secondo le previsioni del ‘Rapporto Afo 2010-2012’ al 2012 il tasso medio a famiglie e imprese dovrebbe collocarsi al 4,4%, lo stesso livello registrato nel 2009. Inoltre il Rapporto Afo analizza empiricamente anche il rapporto tra credit default swap (Cds) su obbligazioni bancarie e Cds sovrani sui titoli di Stato.

Proprio questi ultimi parametri, nell’ultimo triennio, hanno registrato un eccezionale aumento dei premi richiesti per la copertura del rischio di default dei titoli a reddito fisso. Ciò ha riguardato sia i Cds sulle obbligazioni bancarie che i Cds sovrani sui titoli di Stato. Da un’analisi comparata di questo indicatore di rischio, misurato sia sui titoli di Stato che sulla solvibilità delle banche e osservato su un arco temporale che copre gli ultimi tre anni, emerge come in Italia, rispetto agli altri paesi, il rischio percepito dai mercati ha riguardato maggiormente il debito sovrano più che il debito del settore bancario.

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