ISC, un’opportunità anche commerciale

La nuova normativa sulla trasparenza ha imposto, fra le altre cose, il calcolo di un indicatore sintetico di costo per i conti che consenta al cliente una stima di spesa in fase di acquisto ed un confronto a fine anno tra tale valore e le spese effettivamente sostenute. Le banche dovranno in un primo momento concentrarsi sull’urgenza di calcolare tale indicatore per i generici sei profili previsti da Banca d’Italia. Dopo di che sarà necessario definire delle strategie di gestione della reazione dei clienti al confronto tra ISC teorico ed ISC effettivo.
L’ISC per i conti correnti rientra tra quei provvedimenti che si pongono l’obiettivo generale di conseguire la trasparenza e la correttezza nella commercializzazione dei prodotti, ovvero far sì che il cliente non sia indirizzato verso prodotti evidentemente inadatti rispetto alle proprie esigenze finanziarie.
Nel concreto, l’ISC per i conti correnti è un importo in euro che comprende tutte le spese e le commissioni addebitate al cliente nel corso dell’anno, al netto di oneri fiscali ed interessi. Tali voci di spesa sono distinte in componente fissa (dovuta per la tenuta del conto) e in componente variabile che è funzione dell’operatività.
Tale indicatore deve essere calcolato per i sei profili di operatività previsti dalla stessa Banca d’Italia per i conti riconducibili alla tipologia “a pacchetto”, mentre si considera un profilo di operatività (operatività bassa) per i conti a consumo.

Unicità, utilità e rischi
L’ISC rappresenta, così come altri indicatori di costo imposti da Banca d’Italia per prodotti di finanziamento, un carattere di unicità rispetto a molte industrie. Non è infatti comune che il legislatore imponga agli attori economici la costruzione di indicatori di mero confronto del costo di un servizio, che si presuppone quindi essere standardizzato e senza valore aggiunto da parte dei vari istituti.
In sostanza è uno sforzo di sensibilizzazione ai costi, non accompagnato da un simile esercizio in termini di valore.
L’utilità attesa di tale provvedimento sarà quella di ottenere una migliore assegnazione del prodotto/prezzo in fase di trattativa e di offrire una maggior chiarezza per il cliente in fase di rendicontazione finale dei costi sostenuti. L’obiettivo è quindi quello di una maggiore trasparenza per il cliente, da cui ci si aspetta un parziale recupero della fiducia che gli accadimenti degli ultimi anni hanno incrinato. L’utilizzo di un indicatore sintetico così costruito non è tuttavia esente da rischi, generati principalmente dalla sua complessità e dalle false aspettative e incomprensioni da parte del cliente che ne possono derivare. La semplicità ricercata tramite la fornitura di un indice, espresso per altro in valore monetario, non ha infatti come contraltare un metodo computazionale altrettanto semplice. Un primo elemento di confusione deriva dal fatto che non tutte le voci di spesa che il cliente trova sull’estratto conto rientrano nel calcolo dell’ISC, bensì solo quelle espressamente previste dalla tabella dei profili definita da Banca d’Italia (vedi tabella a pag. 34).
Un secondo elemento è dato proprio dalla multidimensionalità riscontrabile nella declinazione dei sei profili lungo svariati criteri: demografici, numero di opearazioni, possesso di prodotti, livelli di giacenza e patrimonio, etc. Da non trascurare poi il fatto che il cliente potrebbe non riconoscersi in uno dei profili censiti e proposti da Banca d’Italia, eventualità tutt’altro che remota visto il loro carattere piuttosto teorico.

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