Salviamo i promotori

Mia figlia Emilia ha deciso a 16 anni di andare per tre mesi a vivere in una cittadina della Russia continentale; l’unica cosa che si può fare in questi casi è procurarle una carta di credito. Così noi genitori ci siamo recati presso la filiale di una delle grandi banche nazionali posta nel piccolo paese di provincia in cui abitiamo per compiere un’operazione finanziaria impegnativa e complessa: l’acquisto di una carta ricaricabile utilizzabile dalla giovane migrante. Con grande gentilezza lo sportellista ci ha indicato un prodotto e illustrato le condizioni economiche relative rassicurandoci che non erano praticamente previste commissioni per il prelievo o la ricarica e altre amenità.

Accanto al bancone, in totale abbandono, giacevano i fogli informativi relativi ai prodotti e, mentre lui parlava, ho aperto il librone e trovato la pagina constatando che ci stava raccontando delle bubbole. Alle mie osservazioni sulla difformità tra i dati riferiti e quelli risultanti dal documento, l’impiegato si è subito corretto affermando di essersi sbagliato. Poi, ottenuto il nostro assenso, al momento di inserire i dati per la stampa della documentazione si è bloccato perché ha scoperto che la carta sarebbe stata usata da una minore: impossibile. Alle nostre insistenze l’impiegato ha pensato bene di sentire il suo superiore in merito allo spinoso problema e, insieme, hanno partorito una brillante soluzione: intestarla e farla firmare a mia moglie e consegnarla alla figlia affinché la utilizzasse spacciandosi per la madre. Ho fatto rilevare che se a Novgorod un negoziante sospettoso le avesse chiesto di vedere il passaporto avrebbe potuto essere un problema tirarla fuori di prigione; inoltre, sempre il foglio informativo, precisava che si trattava di un prodotto adatto a studenti anche minorenni; quindi da qualche parte il modulo dovevano averlo. Hanno chiamato il superiore del superiore che ha definito la questione un problema sotto il profilo della normativa antiriciclaggio (!?); quindi hanno censito nuovamente mia moglie, che peraltro è cliente da un secolo, e predisposto un sacco di documenti.

Al momento di firmarli mi sono accorto che il rapporto era intestato alla minorenne con facoltà di utilizzo della carta in capo a mia moglie che, anche se molto carina e giovanile, minorenne non è. Ho fatto finta di niente e abbiamo firmato dopo un’ora e mezza esausti ma felici; soprattutto loro. La vicenda è del tutto ordinaria e proprio per questo fa paura: se uno sportellista che deve vendere una carta ricaricabile non sa quello che sta facendo, chissà quando deve fare raccomandazioni d’investimento adeguate.

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