Consulenti, non promotori

…con l’esercizio di quella di consulente finanziario (articolo 106 del nuovo regolamento dell’attività degli intermediari). Il solco oramai è tracciato e sebbene i comportamenti cui consulenti e promotori sono tenuti è simile e il risultato per il cliente finale potrebbe essere identico la discriminante fondamentale è il sistema di renumerazione: molto più trasparente ed esplicita per il consulente che non può ricevere commissioni indirette per il collocamento di prodotti e servizi finanziari. Un tale rigore è unico nel mercato internazionale in quanto è prassi che i consulenti finanziari americani, inglesi, francesi o svizzeri vengano indirettamente renumerati con retrocessioni di commissioni. Certo l’introduzione di leggi ha modificato negli ultimi anni questi comportamenti imponendo una maggiore trasparenza sulle commissioni realmente pagate dai clienti, ma nella massa delle informazioni dovute si è riusciti a confondere i dati col risultato che fenomeni di retrocessione continuano ad avvenire in modo opaco.
Infatti il cliente vuole pagare il meno possibile e se gli si dice che il servizio è gratis è ancora piu felice. In questo le banche sono maestre e per anni hanno fatto credere che i servizi collocati non hanno costi, con buona pace per la trasparenza tanto auspicata. L’Italia è un paese che gia aveva anticipato gli altri paesi europei con normative molto stringenti e rigorose per l’attività dei promotori finanziari.
Per prima, oltre dieci anni fa, ha imposto regole precise di comportamento, un esame per accedere alla professione di promotore, creazione di un Albo, monomandato, responsabilità oggettiva delle SIM o delle banche mandanti, sanzioni e controlli. Il risultato è che il numero delle società attive si è fortemente ridotto, i costi di ingresso sono alti e di fatto il mercato si è concentrato in una decina di società controllate da banche o gruppi assicurativi con due sole eccezioni: Azimut e
Mediolanum. Anche per l’attività di consulente finanziario, vista la complessità delle norme introdotte, il rischio che tale professione non decolli mai è molto alto. I dati riportati da Silvio Bencini nell’articolo a pagina 46 di questo numero di ADVISOR sono chiari. Fideuram è la società leader in Italia nell’attività di consulenza finanziaria con il progetto SEI, ma i ricavi nel 2009 sono stati 6,1 milioni di euro e 9,7 nel primo semestre 2010, solo poco più del 2% delle commissioni. Nell’intero 2009 le venti SIM di consulenza oggi attive hanno generato ricavi di poco meno di 20 milioni di euro. Sono numeri troppo bassi per poter parlare di un ruolo concreto da parte dei consulenti finanziari italiani nella gestione del risparmio dei clienti, ma tutto si gioca sulle prospettive.
In questo contesto la Banca d’Italia ha introdotto nell’ottobre 2010 una normativa per individuare le anomalie cui gli intermediari finanziari devono prestare attenzione nella loro attività per non avere problemi di coinvolgimento in attività illecite. Si tratta di 21 linee guida che i promotori finanziari, i consulenti, le banche, la Posta, gli agenti di cambio e gli assicuratori devono osservare per individuare anomalie connesse agli atteggiamenti dei clienti, anomalie che possano far presagire attività non lecite.
Solo a titolo di esempio è anomalo che un cliente non fornisca informazioni sui fondi che vuole investire, che adotti un comportamento “inusuale”, che risieda o che operi in Paesi “a rischio”, che ponga in essere operazioni “svantaggiose”, che svolga operazioni non coerenti “con l’attività svolta ovvero con il suo profilo economico patrimoniale e finanziario”, per contratti assicurativi “che si caratterizzano per l’intestazione a favore di terzi ovvero per l’intervento di soggetti diversi”.
Sono 21 regole complesse che se sono ovvie per comportamenti facilmente riconducibili a comportamenti scorretti, quali l’uso di contante da sempre non accettato come mezzo di investimento, sono molto piu discrezionali nel dover valutare altri comportamenti.
Inoltre la discrezione e la reticenza dei clienti a fornire informazioni riservate sul propri fondi non puo essere superata con una legge che pone in capo agli intermediari responsabilità e oneri sempre crescenti. Certo per le banche o per chi fornisce un servizio poco personalizzato, l’applicazione di regole è semplice e si concretizza nel diniego di effettuare operazioni o nella minaccia di chiudere conti, ma per chi si pone come consulente personale, come confidente delle reali esigenze e necessità dei clienti, per chi vuole trovare una soluzione che ottimizzi anche gli aspetti fiscali, per chi vuole fornire una consulenza di vero private banker discreto ed efficente, l’applicazione puntuale delle 21 regole di Bankitalia potrebbe creare più di un problema.
In poche parole, in questo contesto il ruolo del consulente finanziario è ancora più esposto a rischi professionali. Ciò non toglie che l’obiettivo delle nuove norme sia piu che lecito e socialmente apprezzabile, ma l’applicazione pratica potrebbe lasciare spazi a interpretazioni discrezionali e aprire una vera e propria caccia alle streghe.

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