Provvigioni nel caos

Nello scorso mese di aprile il CESR ha approvato un documento (CESR/10-295) ove sono riportati diversi esempi di “good and poor practices” in tema di inducements. In via preliminare si è rilevato che l’intermediario non può limitarsi ad adottare soltanto una politica di gestione dei conflitti di interessi, ma deve istituire misure specifiche volte a individuare, classificare e valutare gli incentivi. Le disposizioni in materia di inducements, infatti, integrano quelle previste per i conflitti di interessi e sono più ampie e articolate. L’intermediario, avvalendosi del supporto consultivo della funzione di compliance, è tenuto pertanto a predisporre un’apposita policy sugli incentivi da sottoporre all’approvazione dell’alta direzione. Particolare importanza assumono i criteri che devono essere adottati per stabilire se i pagamenti e le prestazioni non monetarie innalzano effettivamente la qualità del servizio reso al cliente e non ostacolano l’obbligo di servire al meglio l’interesse dei clienti. Nel documento di cui si tratta il CESR ha indicato alcuni esempi di incentivi che possono essere considerati rispondenti ad una good practice. Sono stati valutati in termini positivi:

  • la ricezione da parte del gestore di portafogli di prestazioni non monetarie (per esempio, servizi tecnici e informatici) fornite dall’intermediario che esegue gli ordini dei clienti;
  • la ricezione da parte del gestore di portafogli di servizi informatici da parte del soggetto depositario degli strumenti finanziari di pertinenza della clientela in quanto tali servizi consentano una conoscenza in tempo reale dell’ammontare degli asset e delle decisioni di investimento;
  • la percezione da parte del collocatore delle “commissioni di ingresso” corrisposte dalle società prodotto che gestiscono OICR, pur in assenza della prestazione del servizio di consulenza. La ricezione di tali commissioni permette infatti al distributore di accedere ad una più vasta gamma di OICR consentendo indirettamente al cliente una scelta più ampia di prodotti;
  • la ricezione da parte del collocatore che svolge il servizio di consulenza di commissioni retrocesse dalle società prodotto in quanto detti compensi mettono nella condizione il distributore di prestare un servizio continuativo di consulenza agli investitori. Quest’ultimo è tuttavia tenuto a gestire i conflitti d’interessi connessi alla retrocessione di commissioni adottando idonee misure tra le quali un test rigoroso di adeguatezza.

Tra gli incentivi non considerati legittimi – oltre a citare l’esempio negativo che vede un intermediario incentivare la propria struttura di vendita ad offrire prodotti analoghi ad altri, ma caratterizzati da compensi maggiori – il CESR ha considerato come poor practice il caso di un collocatore che presta il servizio di consulenza e che remunera lo staff di vendita (e quindi anche i promotori finanziari) mediante livelli provvigionali proporzionali alle aliquote commissionali retrocesse dalle società prodotto allo stesso collocatore. 
Assume in proposito rilevanza il fatto che il CESR abbia classificato quali inducements anche i pagamenti corrisposti a persone che prestano a vario titolo la propria attività lavorativa per conto all’intermediario e che per tale ragione non possono essere classificati soggetti terzi. Se, pertanto, come spesso si verifica nelle reti di vendita italiane, l’importo delle provvigioni riconosciute ai promotori finanziari sui prodotti sottoscritti dalla clientela è calcolato in proporzione alle aliquote commissionali applicate dalle società prodotto, la provvigione assume la natura di un incentivo che, secondo il CESR, non può essere volto a incrementare la qualità del servizio reso al cliente e ostacola il dovere dell’intermediario di servire al meglio gli interessi degli investitori. Sarà interessante verificare se anche la Consob condividerà espressamente questo orientamento del CESR inducendo le reti di vendita italiane a modificare le attuali politiche commerciali, remunerando i promotori finanziari con provvigioni svincolate dagli accordi commerciali che intervengono tra gli intermediari collocatori e le società prodotto.

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