La consulenza è reale

di Silvio Bencini

La consulenza a pagamento si sta lentamente trasformando da auspicio in realtà. I numeri sono ancora del tutto marginali rispetto alle dimensioni del sistema finanziario italiano ma volendo “vedere il bicchiere mezzo pieno”, offrono diversi spunti interessanti. E i numeri vengono da due fonti. Da un lato i bilanci delle banche, dove dal 2008 all’interno della voce commissioni attive per “Attività di consulenza”, si distingue fra consulenza “in materia di investimenti” e “in materia di struttura finanziaria”. L’altra fonte è una recente ricerca condotta dal presidente dell’Associazione delle SIM di consulenza (Ascosim), Massimo Scolari, sui bilanci di 17 delle 21 SIM di pura consulenza operative a fine 2009.
Cominciamo dalle banche, facendo una doverosa premessa. I dati consolidati contengono non solo le commissioni generate dalla vendita di consulenza alla clientela privata, ma anche la consulenza istituzionale fatta, se c’è, dalla SGR di gruppo; inoltre sono soggetti a variazioni legate a quello che tecnicamente si chiama “perimetro di consolidamento”.
La prima evidenza è che, mentre tutti i gruppi presentano ricavi da commissioni per consulenza, il peso sul totale delle commissioni attive da titoli e gestioni è ancora bassissimo, inferiore all’1%. Fanno eccezione Banca Intermobiliare dove nel 2009 la consulenza ha pesato per il 4% delle commissioni attive, e il Credito Emiliano, dove nel primo semestre 2010 il peso è pari al 1,2%. In termini assoluti il gruppo più importante è UniCredit (34,8 milioni di euro nel 2009, 22 nei primi 6 mesi del 2010) ma questo numero è la risultante di attività molto diverse e poco confrontabili con le altre banche italiane. Nel gruppo Intesa le cifre appaiono coincidere con quelle di Fideuram il che fa pensare che la consulenza per gli investimenti nella rete bancaria non sia ancora remunerata. Il secondo dato è che fra il 2009 e il 2010 i valori, per quanto piccoli, appaiono in crescita. In UBI, Monte Paschi e Credem, per le quali abbiamo il dettaglio della semestrale, i primi sei mesi preannunciano crescite a due zeri. Il terzo dato interessante è che i ricavi da consulenza appaiono sensibili al ciclo dei mercati esattamente come gli altri. Dal 2008 al 2009 le commissioni delle quattro banche per le quali si hanno dati confrontabili sono scese del 40%. Un discorso a parte merita Banca Fideuram, unica fra le reti di promozione finanziaria a segnalare ricavi da consulenza e fortemente orientata a questa attività nell’ambito del progetto SEI. I ricavi sono stati di 4,3 milioni nel 2008, di 6,1 milioni nel 2009 e sono già 9,7 milioni nel primo semestre 2010, passando così dallo 0,8 al 2,1% delle commissioni attive. Il caso Fideuram si presta a due considerazioni. Da un lato, perfino un progetto strutturato come questo, ha tempi lenti di sviluppo. Motivo in più per partire, considerando che la trasformazione dell’offerta in una logica di consulenza pone sfide di “change management” ben superiori alla revisione della reportistica o all’adozione di un nuovo sistema di pianificazione finanziaria. Dall’altro lato, viene da pensare che solo i promotori possano evolversi in consulenti. Anche questo nel breve è probabilmente vero, ma ricordiamo che anche dei fondi comuni, trent’anni fa, si diceva che li potessero vendere solo i promotori.
I dati Ascosim offrono un punto di vista diverso. Le 17 SIM di consulenza considerate da Scolari hanno generato ricavi per 18,8 milioni, su masse a fine anno pari a 5,3 miliardi di euro. Si può così calcolare il prezzo medio della consulenza, pari come minimo a 35 pb, ma probabilmente più vicino a 40 pb. Questo dato medio va preso con grande cautela: da un lato perché i 18,8 milioni contengono sia commissioni percentuali fisse sia variabili (il 61% delle SIM dichiara di addebitare un mix di commissioni fisse e di performance) sia perché i 5,3 miliardi si riferiscono per 2 miliardi a clienti privati, che pagano mediamente di più, e 3,3 miliardi a clienti istituzionali. Il peso elevato delle SIM che adottano le commissioni di performance può stupire. In realtà non stupisce se si considerano due fatti. Da un lato la pressione all’“allineamento di interessi” colpisce anche la consulenza indipendente, rendendone volatili i ricavi. Dall’altro lato, nel mondo della consulenza convivono figure diverse e, fra questi, operatori del tutto assimilabili ai gestori di portafoglio.

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