Il WSJ applaude Draghi e le banche italiane

È a luci e ombre il giudizio del Wall Street Journal sull’economia italiana, ripreso da Ansa, la cui posizione finanziaria relativamente buona è legata anche “a competenti autorità bancarie e ad un talentuoso governatore, Mario Draghi”, ma che paga una produttività assolutamente inadeguata, rispetto ai big europei. Senza contare che “le nuove imprese di cui si ha bisogno per generare innovazione, produttività e crescita devono faticare molto per avviare la propria attività”. È questo il tema di fondo dell’articolo dal titolo «Italia sembra in buona salute finanziaria, ma i segnali di preoccupazione sono ancora lì», che prima passa in rassegna i problemi che affliggono l’economia italiana (dalle turbolenze politiche, alle difficoltà di competere con un euro così forte, ai problemi causati alle eccellenze del Made in Italy dalla concorrenza ‘low-pricè della Cina e delle economie emergenti), poi torna al tema della competitività e della difficoltà di fare impresa.

“La buona notizia è che l’Italia non è come Grecia o Irlanda. La cattiva notizia è che è come il Portogallo, che fino ad ora ha evitato i problemi sul mercato immobiliare e bancario di proporzioni greco-irlandesi, ma sta crescendo così lentamente che le entrate fiscali potrebbero non riuscire a coprire le sue obbligazioni. La notizia peggiore è che l’economia italiana vale una volta e mezza quella spagnola, e la Spagna è un Paese giudicato troppo grande per fallire, ma verso il quale l’Europa non ha abbastanza risorse da destinare”.  In particolare: “L’Italia potrebbe essere il prossimo Paese a finire nel mirino degli investitori, a meno che non riesce a crescere ad un tasso superiore all’attuale 1%”, si legge sul Wsj, che sottolinea come il debito pubblico italiano sia superiore a quello del Portogallo. “Ma nella classifica della Banca Mondiale sulla facilità d’impresa, il Portogallo è al trentunesimo posto, sotto Israele e Olanda, mentre l’Italia è ottantesima: il che significa che per un imprenditore è più difficile lavorare in Italia che in Mongolia o Zambia, e solo poco più facile che in Giamaica, Albania e Pakistan”.

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