Quando le grandi banche si “convertono”

Fino ad ora la domanda/offerta dedicata ai clienti non occidentali si è concentrata sui servizi di money transfer (rimesse, strumenti di pagamento) forniti in modo prevalente dal canale postale e da operatori specializzati, ma in questa particolare fase dei mercati finanziari la comunità islamica rappresenta un segmento interessante per le banche, per cui lo sviluppo di un’offerta Sharia compliant costituisce un’opzione commerciale da valutare attentamente.
L’articolazione dell’offerta retail potrebbe essere mirata a soddisfare requisiti finanziari di base ( liquidità, investimento, finanziamento per acquisto abitazione e beni strumentali alle attività produttive), ma nella strutturazione dell’offerta e della scelta del modello di business da adottare è necessario considerare le prospettive di redditività per la banca, la convenienza per la clientela e la complessità operativa.
Non sembra difficile pensare a conti correnti privi di remunerazione se non per la necessità di investire il denaro in linea coi dettami coranici, sia per la possibilità di offrire strumenti di investimento proprie che di terzi. Complessa appare invece la strutturazione di depositi di investimento dove sia prevista la partecipazione del depositante ai profitti o perdite delle attività su cui ha investito la banca.

Inizialmente il modello di business sembra essere quello dell’offerta di prodotti islamici da parte delle banche attraverso la distribuzione dei prodotti di terzi a seguito di accordi distributivi con banche estere (di paesi islamici o con sede a Londra, piazza fuori dal Medio Oriente avanzata sul lato dell’offerta). Una volta identificato il potenziale in termini di redditività e clienti , sarà possibile strutturare modelli più complessi.
Alla luce dell’esperienza del Regno Unito e delle caratteristiche dei prodotti islamici si comprende come lo sviluppo della finanza islamica sia condizionata dalla predisposizione di un quadro normativo favorevole, sia in termini fiscali (imposta di registro, deducibilità fiscale degli oneri finanziari, iva) che regolamentari ( recepimento dei prodotti islamici nella definizione e regolamentazione dell’attività bancaria). A queste necessità si aggiungono le problematiche legate all’accounting in merito alla gestione separata dei fondi gestiti secondo la Sharia e quelli secondo i criteri convenzionali e l’assenza di una normativa contabile standardizzata) e quelle legate al modello organizzativo che prevede la costituzione dello Sharia Board, l’utilizzo di strutture specializzate/società prodotto) e per ultimi, ma non meno importanti, le problematiche legate all’acquisizione del know how necessario e le attività di marketing utili ad avvicinare questo segmento di clientela  e non solo alla banca.

 L’operatività della banca islamica con la logica del profit and loss sharing espone gli istituti a rischi elevati sia sul fronte dell’attivo che del passivo diversi rispetto alle banche convenzionali con conseguenze, per esempio, anche sulla metodologia di calcolo degli attivi ponderati per il rischio e sulla governance aziendale.Nonostante le offerte Sharia compliant risultino di difficile applicazione , l’interesse per la finanza islamica sta crescendo a dismisura a fronte della crescita della comunità islamica non solo demograficamente ma  anche sul lato della domanda di esigenze finanziarie e dell’internazionalizzazione degli operatori arabi che si focalizzano sul mercato retail  e non solo.
Il potenziale è desumibile da alcune semplici analisi: grande ricchezza accumulata da alcuni paesi del Golfo pronta ad essere investita anche in paesi non di confessione islamica, dalla presenza numerosa in molti paesi occidentali di comunità musulmane e dal basso livello di diffusione dei servizi bancari e finanziari nei paesi musulmani.

Londra ad esempio, approfittando del clima non proprio amichevole tra USA e mondo musulmano, si è ritagliata un posto di primaria importanza per la diffusione della finanza islamica. Infatti, seguendo il principio “no obstacles, no special favors”, ha emendato il proprio sistema fiscale (ad esempio nel 2003 eliminando la doppia imposta di registro sui finanziamenti immobiliari) e ha stabilito standard specifici di coperture del capitale e di gestione del rischio per creare un ambiente quanto mai favorevole.
La Sharia non è un sistema giuridico codificato e la sua interpretazione ed applicazione variano in relazione alle diverse scuole di pensiero. Ad oggi, nella confessione sunnita (che riguarda quasi il 90% della popolazione mondiale musulmana) sono quattro le scuole prevalenti: la Shafi, diffusa nel Far East (ad esempio Malesia), l’Hanbali, che prevale in Medio Oriente (ad esempio in Arabia Saudita), l’Hanafi, dominante nell’Asia del Sud Est (ad esempio in Pakistan) e la Maliki, prevalente in Africa. Le quattro scuole comunque sono unanimi nell’affermare la negazione del concetto di speculazione (maisir), dell’ingiusto arricchimento e sfruttamento indebito, dell’interesse (riba), dell’incertezza (gharrar) e delle attività immorali quali vendita alcolici, gioco d’azzardo, proibizione tabacco e pornografia.
Questo determina un restringimento dell’operato della banca islamica rispetto ad una banca convenzionale in quanto espone la stessa non solo al rischio di credito, ma anche a quello insito nella detenzione dell’asset sottostante (ad esempio perimento, danneggiamento, svalutazione) o nella conduzione del progetto o impresa finanziata. Questo, se da un lato penalizza la banca islamica dal momento che la banca convenzionale deve occuparsi solo del rischio controparte, la fa apparire fortemente legata all’economia reale e pertanto porto sicuro per gli investitori accorti.
La stretta osservanza dei precetti coranici e la struttura asset backed pone dei limiti allo sviluppo, tra i quali: mancanza di expertise dal momento che tutto deve essere sottoposto al vaglio degli esperti dello Sharia Board, mancanza di  un consenso unanime essendo varie le interpretazioni dei concetti coranici, limitatezza del mercato secondario rispetto a quello convenzionale, bisogno di asset reali di cui la finanza convenzionale non necessita essendosi staccata dai sottostanti, restrizione del mercato dei derivati, illiceità del contratto di assicurazione superato con lo “stratagemma” del takaful (una sorta di mutua assicurazione) e la serie di svantaggi fiscali ancora presenti nei diversi Paesi.
A parte i limiti sopra menzionati, la finanza islamica sta vivendo e vivrà un periodo d’oro, non solo per la fetta di popolazione interessata al fenomeno, ma anche per l’importanza geopolitica dei paesi interessati, l’alfabetizzazione finanziaria di clienti che avanzano richieste di bisogni finanziari primari in linea con le loro credenze e per il fatto che i paesi a prevalenza musulmana sono tra i pochi al mondo che possono vantare una liquidità in eccesso e una forte domanda di beni.

La finanza islamica e’ storicamente concentrata nell’area dei paesi del Golfo Persico, anche se ci sono paesi ove le istituzioni islamiche stanno assumendo un ruolo di particolare importanza rispetto alle strutture tradizionali come Malaysia e Bangladesh. Altri invece sono a sistema finanziario totalmente islamizzato come Iran, Sudan e Pakistan. Rimane non facile la penetrazione in Africa e soprattutto nei paesi come Libia e Marocco per ragioni politiche. In totale le istituzioni finanziarie islamiche sono oltre 600 e i fondi comuni di investimento che ne seguono i precetti ben 500. Molte banche d’investimento internazionali come Hsbc, Citibank, Bnp Paribas, Abn Amro, Societe Generale, Ubs, Pictet, Barclays, hanno aperto singole divisioni, sportelli islamici o subsidiaries che operano secondo la legge islamica.
Con l’autorizzazione alla licenza dell’Islamic Bank of Britain nel 2004 e con la costituzione dell’European Islamic Investment Bank nel 2006, il cammino per lo sviluppo in Europa e in Nord America e’ in discesa ormai.
Da rilevare l’importanza della Turchia  che rappresenta, nel quadro geografico europeo, uno dei mercati più vivaci con una presenza di strutture islamiche sin dagli anni ottanta.
In America la finanza islamica ha toccato soprattutto il settore dei mutui con l’operazione della società Freddie Mac di acquisizione di attività  Sharia compliant per oltre 250 milioni di dollari.
In Italia la prima transazione Sharia compliant e’ stata realizzata nel 2006. Consisteva nell’acquisizione di un edificio industriale, operata da uno special purpose vehicle, e nella sua cessione ad un’associazione musulmana locale per la costituzione di un centro culturale. Sempre nel 2006 e’ stata autorizzata la vendita del primo fondo di investimento islamico di Bnp Paribas e un anno dopo, ABI e UBAE  hanno sottoscritto un memorandum per gettare le basi per l’apertura di una banca islamica in Italia. I limiti nel nostro Paese al momento derivano dal fatto che il reddito medio degli immigrati e’ contenuto e dallo scarso interesse degli operatori bancari probabilmente scoraggiati da un quadro normativo carente.

Dott. Santovito Luigi

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