Consulenti – Un conto corrente salato

Di Giannina Puddu, presidente Assofinance, tratto da Affari Italiani

L’ultimo bollettino ISTAT riferisce che i depositi bancari hanno fatto registrare un incremento considerevole nel biennio 2008 – 2009. Il 2009, infatti, si è chiuso con 90 miliardi di euro in più nelle casseforti delle banche rispetto all’anno precedente. Complessivamente, la raccolta bancaria del 2009 ha raggiunto la considerevole cifra di 906 miliardi di euro! Nello specifico, più di due terzi dei depositi bancari appartengono a famiglie e istituzioni sociali private; Il trend di crescita, come evidenziato dal grafico [elaborazione della Banca D’Italia], è proseguito per tutto l’anno 2010 con una leggera flessione nel secondo semestre. Per contro, uno studio recente della Commissione Europea ha sentenziato che i costi per il mantenimento di un conto corrente da parte di un correntista italiano sono esorbitanti rispetto a quelli a cui sono sottoposti i suoi “cugini” europei. L’indagine registra un massimo di 296 euro per l’Italia a un minimo di 46 euro in Olanda con una media europea di 114 euro. In Germania si spende per il conto corrente bancario un terzo rispetto all’Italia, in Francia la metà e in Gran Bretagna un quarto. Il Paese più vicino ai costi dell’Italia è la Spagna con 212 euro annui mentre la Lettonia si “ferma” a 195 euro. Sotto questo profilo è difficile comprendere questo amore crescente dei risparmiatori italiani verso il deposito in conto corrente. Tuttavia, la grande crisi finanziaria che ha colpito il mondo occidentale nel 2008 e che continua, imperterrita, a mietere le sue vittime ancora adesso, può aiutare ad interpretare la preferenza degli italiani per il “semplice” conto corrente. Nel clima di incertezza e di paura si preferisce scegliere di non-scegliere; si riduce l’esposizione sui fondi comuni, sulle obbligazioni, sulle azioni, sugli investimenti finanziari in genere e si parcheggia la liquidità sul conto in attesa di prospettive più chiare e rassicuranti. Ho sentito, negli anni, molte persone affermare: “Non faccio niente, non mi fido, lascio i soldi fermi in conto..” Ma, stiamo parlando di 906 miliardi di euro che i depositanti credono di lasciare fermi mentre in realtà si muovono… La questione merita una riflessione in tutta calma poiché, in realtà, un deposito di conto corrente rappresenta, per il proprietario del capitale, un rischio assai alto.
 
I soldi depositati sul conto corrente sono un credito nei confronti delle banche ed infatti il grafico sopra li inserisce nella categoria delle passività del sistema bancario; e se la banca fallisce? Se la banca fallisce si rischia di perdere i soldi. Proprio per questo motivo la direttiva comunitaria n. 94/19 CE recepita dallo stato italiano nel D.L. del 4 Dic 1996 n° 659, ha previsto che tutti i conti correnti operanti in Italia godano della garanzia del fondo interbancario italiano di tutela dei depositi che copre il rimborso sino a un massimo di 103 mila euro (103.291,38 euro) delle cifre depositate in una banca poi fallita. La protezione del fondo interbancario vale sia per i conti correnti tradizionali, che per quelli online, che per i semplici conti di deposito molto pubblicizzati negli ultimi anni. Ma, come si esprime, nei fatti, la garanzia del fondo interbancario? In teoria, dovrebbe garantire, entro 3 mesi dal blocco dell’attività della banca “malata”, la restituzione di 20.000,00€. Ed il resto fino a 103.291,38? La risposta è complessa e non prevede l’opportunità, comunque, per il cliente di riprendersi, tranquillamente, i suoi soldi al bisogno. Diversamente, i titoli presenti in un deposito amministrato sono di proprietà dell’investitore e quindi il loro valore è estraneo al patrimonio della banca. Per tale ragione non rientrano nella tutela offerta dal Fondo e dovrebbero essere restituiti dall’emittente. Ciò vale anche per i fondi comuni; qualche problema potrebbe sorgere se la banca fallita agisca come depositaria del patrimonio di una Sicav (Società di investimento a capitale variabile), Le Sicav non possono usufruire del fondo di garanzia per recuperare le somme depositate. Per meglio comprendere il rischio implicito nella scelta [apparente] di non-scegliere tenendo i soldi liquidi in conto corrente è utile conoscere alcuni casi di banche italiane sottoposte, nel periodo 2009-2010, a procedura di Commissariamento su disposizione di Banca D’Italia:
1. Carim, la Cassa di risparmio di Rimini;
2. Credito Cooperativo Fiorentino;
3. Banca Mb, merchant milanese;
4. Sedici Banca;
5. Ber Banca – Banco Emiliano Romagnolo;
6. Mantovabanca;
7. Credito di Romagna spa con sede legale a Forlì;
8. Banca di Credito Cooperativo della Sibaritide di Spezzano Albanese;
9. BCC di San Vincenzo La Costa; Non includo il caso di Banca Arner perché ha ripreso la sua normale attività, dopo il commissariamento, il 1 febbraio 2010. Attenzione: nel caso delle banche non si parla di Fallimento come per qualunque azienda ma di Amministrazione Straordinaria! Morale di questa favola moderna: se si tratta di decidere a chi affidare i propri soldini o soldoni prestare la massima attenzione e dubitare, dubitare molto e particolarmente delle proprie idee in materia finanziaria basate, soltanto, su una leggera e quasi impalpabile infarinatura e non su una autentica conoscenza. Il rischio è ovunque, altro che rischio azionario!

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