Promotori – Ma l’esperienza è tutto (o quasi)

di Luca Spoldi

Bluerating ha chiesto al presidente di Assonova, Arrigo Nano, un parere sull’evoluzione della professione di promotore finanziario in questi ultimi anni e sulle prospettive che si fanno avanti nel prossimo futuro.
Dottor Nano, si è evoluta la professione negli ultimi dieci anni, certamente non facili né dal punto di vista dei mercati né della ristrutturazione intercorsa nel settore del risparmio gestito?
Il numero dei promotori iscritti all’albo, in crescita fino a cinque anni fa, è in netto calo. L’età media è sopra i cinquant’anni, il turn-over resta elevato e gli investimenti sui giovani sono così ridotti da far pensare a nuove forme di avvio alla professione, mentre masse e clienti sono rimaste quasi le stesse. Le esigenze di tutela a favore degli investitori e di contenimento delle forme di rischio a ogni livello ci ha portato, adeguandoci a nuove procedure, a essere più attenti, mentre la crisi dei fondi comuni, pur avendo prodotto contraccolpi nei confronti della nostra figura professionale, ha aperto la via alle nuove frontiere della finanza sostenibile, offrendo spunti di riflessione sulla responsabilità di investitori e operatori. Tuttavia la categoria dei PF è cresciuta professionalmente senza promuovere, al proprio interno, alcun vero dibattito né spontanea evoluzione, rimanendo spesso al traino delle strategie delle singole aziende cui sono stati richiesti grandi investimenti, in tecnologie e formazione del personale, che hanno favorito il consolidamento di alcuni intermediari forti, in grado di sviluppare progetti standardizzati per i servizi alla clientela, come la consulenza in materia di investimenti, rispondendo ad esigenze di sicurezza e qualità.
Quali sono i problemi tuttora sul tappeto e quale la posizione di Assonova?
Alcune questioni vanno collegate al debole rapporto della nostra categoria con le istituzioni e Assonova, come Anasf, ha un ruolo importante su questo versante. Le occasioni di incontro non mancano ed anche il sistema di consultazione sulle nuove regolamentazioni, ha fornito uno strumento di dialogo di cui ci avvaliamo. Auspico tuttavia che maggiori vie di comunicazione siano offerte, in futuro, dall’Organismo Apf, attraverso un ampliamento delle funzioni ad esso assegnate. Altre questioni vanno invece riferite al sistema distributivo delle “reti” di cui il maggior numero di noi fa parte. Qui non devono essere sottovalutate le criticità del modello organizzativo che mal si adatta al numero degli operatori oggi raggiunto dagli intermediari più importanti, considerata anche la debolezza dell’impianto contrattuale che lega i promotori agli intermediari senza uno schema unico di riferimento (accordo di categoria).
E riguardo l’annoso problema della doppia imposizione Inps/Enasarco, cosa proponete?
Per quanto riguarda l’imposizione dell’Enasarco, che è conseguenza dell’assimilazione dei promotori finanziari agli agenti di commercio, solo un intervento legislativo, come è avvenuto per gli agenti di assicurazione, potrebbe, nel futuro, risolvere una questione su cui si dibatte da troppo tempo.
Noi siamo favorevoli all’avvio della portabilità pari al 100% dei versamenti Enasarco a favore di un fondo di categoria gestito sotto il controllo delle associazioni di intermediari e di promotori finanziari. Ma una politica di questo tipo potrà essere realizzabile solo con l’avvio di una reale presa di coscienza da parte dei promotori.
Alcuni promotori criticano le figure dei manager di rete e il modello organizzativo piramidale, trovate siano critiche corrette?
Non credo che il dilemma sia se determinate figure di coordinamento debbano esserci o no. Piuttosto la questione deve porsi in termini di efficienza, riguardo alla struttura dei costi, e di efficacia, riguardo al valore aggiunto per il cliente che queste figure devono garantire.
In buona sostanza questo delicato anello dell’organizzazione, che dovrebbe essere integrato totalmente nell’azienda, risulta maggiormente proiettato verso la realizzazione delle politiche commerciali. Seppur non in contrapposizione con la qualità del servizio, tali politiche possono sfociare in situazioni potenzialmente di conflitto.
Quali sono allora le prospettive e le difficoltà che si trovano ad affrontare dei giovani che oggi vogliano intraprendere questa attività?
Sul piano delle competenze e della credibilità professionale i giovani pf possono ottenere molto dal lavoro. Chi inizia questa attività ha una laurea o un master o in ha maturato esperienze di lavoro in banca. È un buon inizio, poi si dovrà imparare a lavorare in autonomia, gestendo il proprio tempo e l’incertezza. Ma il modo di lavorare cambierà ancora: il continuo perfezionamento degli strumenti tecnologici imporrà revisioni del quadro normativo. Infine, i PF senza un rapporto forte con l’intermediario che affida loro il mandato, non vanno da nessuna parte. Questa stabilità dovrebbe essere garantita da un sistema di relazioni industriali che oggi, ancora, manca.

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