Promotori – Con la prescrizione è in gioco la credibilità del pf

di Fabrizio Tedeschi

 
Lasciamo ai costituzionalisti ogni valutazione in merito alla sua legittimità. Per mero esercizio vediamo quali conseguenze potrebbe avere una riforma del genere in campo finanziario. Gli effetti di una norma non sono mai ad personam; requisiti precipui di una legge sono generalità e astrattezza; per definizione essa si applica a tutte le situazioni da essa disciplinate. In campo finanziario accadrebbero diverse cose. In primo luogo tutti i reati “minori”, quali l’abusivismo finanziario, ma anche la truffa, l’appropriazione indebita e altri sarebbero depenalizzati di fatto, limitatamente alle persone con le qualità previste dalla emananda legge. Il termine di prescrizione sarebbe raggiunto nella totalità dei casi e quindi nessuno perseguirebbe più gli ultrasessantacinquenni incensurati che incappassero in simili fattispecie. Il mercato avrebbe ancora fiducia in queste persone di fatto impunibili? A questo riguardo sarebbe ancora più grave l’effetto di una simile norma sui processi in corso. Una buona parte degli imputati sarebbe assolta per prescrizione, generando una situazione di totale sfiducia da parte degli investitori, soprattutto esteri, nei confronti di un mercato e di una giustizia che non riescono a punire i manigoldi. Non dimentichiamo che le corti americane hanno duramente colpito Madoff, i responsabili di Enron e tantissimi altri manager, che hanno violato la fiducia (una vera e propria “fede”) nel mercato del popolo degli investitori americani, senza tanti riguardi per la loro venerabile età. Da noi ancora non è finito alcun processo importante in materia. Con una prescrizione breve, i processi in corso rischiano di finire con un’assoluzione generalizzata o con la sola condanna degli imputati più “giovani”. Una doppia ingiustizia, sia per quanti fossero assolti “ingiustamente” sia per i condannati che si sentirebbero puniti a causa della loro età più che per le malefatte compiute. Altrettanto gravi sarebbero le conseguenze sulla ordinaria corporate governance. Come potrebbero discutere e deliberare con animo sereno consigli e collegi con professionisti sottoposti a due diversi regimi penali e gradi di responsabilità. Alcuni consiglieri potrebbero assumere decisioni critiche e rischiose con animo più leggero di altri. La stessa cosa è a dirsi per i membri del collegio sindacale. Gli ultrasessantacinquenni, che non avessero un forte senso etico, sarebbero più rilassati nel fare i loro controlli. Ovviamente questo non è un pregiudizio; è un dato di fatto che non può essere ignorato. Esisteranno sempre professionisti attempati che fanno il proprio mestiere in maniera eticamente ineccepibile. In breve si rischia di annullare o ridurre o anche solo venare di sospetto quel contributo di esperienza e saggezza che proviene dall’età. Gli ultrasessantacinquenni sarebbero ascoltati con una riserva mentale che svilisce il loro parere. Da ultimo si potrebbe verificare un singolare fenomeno di “selezione avversa”. Un’età relativamente “giovane” potrebbe essere un elemento negativo nella scelta di consiglieri e sindaci che dovessero operare in condizioni critiche e a rischio di risvolti penali. Non sarebbe proprio un buon risultato: sarebbe addirittura una norma di sfavore per i meno anziani e i giovani. Alla fine, tutto considerato, conviene lasciar perdere una simile riforma. Visti i prolungamenti dell’età pensionabile, la massiccia presenza degli ultrasessantacinquenni ai vertici di istituzioni, pubbliche e private, e, malignamente suggerisce qualcuno, le performance di alcuni di loro nell’ars amandi, non si vede il motivo di non considerarli del tutto pari ai più giovani.

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