Promotori – Stabilità, altro che mobilità

Francesco Priore

Il fascino dell’analisi dei dati è nella possibilità di scoprire o verificare che certe convinzioni sono discutibili o infondate. Un esempio? La convinzione che attribuisce ai pf una mobilità esasperata, definita a volte, malignamente, transumanza. I numeri sono la misura dei fatti. Dall’istituzione dell’Albo, dati 1993/2010 Consob/Apf/Anasf/Assoreti, i nuovi mandati conferiti ai pf sono stati 89.040 cui vanno aggiunti i 45.997 mandati variati, quelli conferiti a promotori già iscritti, totale 135.037 mandati. Il rapporto percentuale, media annua dei 18 anni, tra variazioni e totale dei mandati è l’1,9%. La percentuale reale è più modesta, perché tra le variazioni sono conteggiate quelle di fusioni e incorporazioni tra i vari intermediari e i cambi di denominazione. A titolo di esempio tutti i pf di Xelion che sono confluiti in Banca Fineco entrano nel computo delle variazioni di mandato, si consideri poi che gli intermediari iscritti ad Assoreti si sono più che dimezzati mentre le reti non si sono dissolte. Il data base non consente di disaggregare facilmente i dati, ma una sintetica analisi effettuata a campione pone la mobilità effettiva dei pf intorno all’1% l’anno, ma anche se raggiungesse il 4/5% l’anno si dovrebbe parlare di stabilità più che di mobilità. Un pfogni 100 o ogni 25 che cambia mandante, ogni anno, è l’indice di una categoria stabile e fidelizzata. Numerosissime sono invece le missive, ricevute e pubblicate da questa testata, che denunciano quotidianamente le difficoltà strutturali del sistema: le piramidi manageriali pletoriche, la scarsa competitività dei prodotti e dei servizi, i budget imposti che limitano la libertà professionale del pf. Missive però incoerenti con gli indici di stabilità che si spiegano, ma solo in parte, con l’efficacia dei meccanismi di fidelizzazione. Sono solo la punta dell’iceberg degli scontenti, a cui vanno aggiunti gli insoddisfatti, quei pf che pur lavorando regolarmente e con un ottimo ritorno economico non apprezzano l’ambiente e le prassi della propria rete.
Un malessere così diffuso dovrebbe generare almeno una movimentazione a due cifre, se non accade può dipendere da vari fattori: si accettano gli elementi negativi perché si preferisce lo status quo alle difficoltà del cambiamento, si valuta l’inutilità di cambiare, “tanto una rete vale l’altra”. Il cambiamento al contrario può essere un fatto positivo. In passato, quando la conquista delle quote di mercato accendeva la competitività tra le reti, i promotori che optavano per il passaggio dalla propria rete a una nuova contribuirono a migliorare le condizioni di lavoro per tutti i colleghi, stimolando le reti a comportarsi da competitor, ottenendo vantaggi anche per i clienti. Il passaggio di singoli o gruppi di pf, da reti che non riconoscevano il management fee sul gestito a quelle che lo riconoscevano, obbligò anche le più riottose ad adeguarsi. Questa remunerazione certa, anche se di entità variabile, metteva i pf in grado di non essere condizionati solo dalle vendite o di dover fare pressing non sempre giustificato sui clienti. Cambiare mandante, all’epoca, era una trauma perché obbligava i pf a chiedere ai clienti di modificare tutto, prodotti, servizi perché le reti al 95% erano monobrand. Oggi con la diffusione del multimanager, spesso il cambiamento, per la parte più consistente del portafoglio costituita dal risparmio gestito, comporta una semplice formalità per il cliente: la variazione del collocatore e in genere senza aggravio di costi. Le cause del cambiamento anche in questo settore non sono quasi mai economiche, piuttosto di relazione con i propri capi, con il sistema azienda. Il cambiamento anche qui, contrariamente a quanto si crede, farebbe bene anche alle mandanti perché le stimolerebbe a ripensare i modelli e le strategie. Re-Imaging opportuno alla luce della stagnazione degli ultimi anni. La concentrazione ha pagato in termini tattici ma non ha accresciuto le quote di mercato, senza un cambiamento di strategie non c’è crescita. Occorre innovare, competere e cambiare.

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