di Luca Spoldi
Focus sulle necessità di ricapitalizzazione evidenziate anche (ma non solo) dal via libera alle nuove norme di Basilea III. Necessità che da una settimana con l’altra salgono e scendono come l’altimetria di certe tappe del Giro d’Italia: 10 miliardi, 20, forse 40, a seconda che si faccia riferimento solo ai “primi della classe” o all’intera ex “foresta pietrificata”. Lo scenario è complicato da una serie di variabili endogene ed esogene di tutto rispetto: da una parte l’incertezza circa i tempi e i modi della ripresa economica sui vari mercati in cui gli istituti italiani operano porta a prevedere operazioni più o meno consistenti in tempi più o meno ravvicinati, dall’altra il rischio latente di ulteriori problemi che potrebbero esplodere oltre che in Nord Africa e Medio Oriente.
Nel calderone sono così finiti nuovamente tutti o quasi i nomi più importanti e poco conta se hanno già annunciato (o smentito) aumenti di capitale, il timore di nuove falle in bilancio resta alta e fa sì che le voci si rincorrano tra le sale operative e le redazioni giornalistiche italiane. Il tutto con riflessi non indifferenti per alcune reti italiane, dato che nomi come Intesa Sanpaolo, UniCredit, Banco Popolare, Bpm, Credem o Mps significano che potenzialmente in vendita c’è il gotha del risparmio gestito italiano, almeno stando a chi crede che l’asset management sia ormai un settore da cui le banche italiane hanno deciso di uscire in termini di fabbrica prodotto e forse anche di reti distributive “chiuse”, per limitarsi ad accordi commerciali orientati ad un modello sempre più “open”. Senonchè tener dietro a tutte le voci non è facile per i giornalisti, tanto meno per gli analisti finanziari o gli investitori, così in molti casi anche i lettori di Bluerating restano sconcertati. Fideuram è in vendita o non più? Pioneer è ancora sul mercato o verrà rafforzata? Mediolanum è in cerca di qualche acquisizione per sé o attraverso Banca Esperia (magari guardando a Banca Leonardo, in cui peraltro già Exor sembra intenzionata a sfruttare eventuali uscite da parte degli attuali soci)? E Azimut farà acquisizioni solo all’estero o anche in Italia? E il Credem, ha bisogno di cedere la propria rete di Pf o Banca Euromobiliare, o i suoi ratios sono così floridi e i suoi conti così a prova di imprevisto che si tratta solo di delazioni? La confusione è massima di questi tempi sotto i cieli della finanza italiana, anche se vi è la sensazione forte che il processo di ricapitalizzazione in corso sarà accompagnato da un nuovo giro di “risiko” e da successive riorganizzazioni dei modelli di business. E che a quel punto qualcuno potrebbe preferire passare alla cassa.