Consulenti – Facciamo quadrare tutti i conti

Il documento redatto dal ministero dell’Economia e Finanze, rimasto fino a fine aprile in consultazione, ha fissato una serie di paletti, quali la denominazione sociale (che deve contenere le parole “società di consulenza finanziaria”), i requisiti d’indipendenza, quelli patrimoniali (chiunque voglia iscriversi all’Albo dovrà sottoscrivere un’assicurazione RC professionale con copertura di almeno 1 milione di euro per ciascuna richiesta di indennizzo ovvero 5 milioni di euro all’anno complessivi), nonché di onorabilità e indipendenza dei soci e onorabilità, professionalità e indipendenza degli esponenti aziendali, ovvero ancora di onorabilità, professionalità e indipendenza dei soggetti che svolgono attività di consulenza finanziaria per conto delle singole società. Ma quali saranno le caratteristiche economiche che dovranno avere le società che vorranno far quadrare i conti? Secondo un’analisi presentata da Massimo Scolari, segretario generale Ascosim, nel luglio 2010, le Sim italiane di pura consulenza prestano finora la propria attività prevalentemente a investitori istituzionali (quali Sicav e banche) per il 54%, ovvero a clientela privata per il 42%. Il patrimonio complessivo affidato a tali operatori a fine 2010 era arrivato a quota 37 miliardi (in crescita del 7% su base annua), ma di questi solo una parte poteva essere qualificata come patrimonio sotto consulenza (a metà 2010 si parlava di 5,3 miliardi di euro di cui 3,3 miliardi di clientela istituzionale e 2 miliardi di clientela privata).

Come prevedibile il “cliente tipo”, almeno per quanto riguarda la clientela privata, era costituita per la maggioranza da soggetti con un patrimonio di dimensioni rilevanti (dati riferiti al 2009 parlano di un patrimonio medio attorno ai 4,4 milioni di euro), alla ricerca di servizi relativi in buona misura alla rendicontazione delle performance (circa un quarto del totale) o alla valutazione di prodotti e strumenti finanziari (un altro quarto del totale) nonché all’asset allocation (per un 19% di natura strategica, dunque di lungo periodo, per un altro 16% di natura tattica, dunque di breve periodo). I dati relativi ai ricavi delle Sim di consulenza parlano di 18,8 milioni di euro nel 2009, in rialzo (+46,7%) per l’avvio di nuove società, crescita della clientela e incasso di commissioni di performance legate al recupero dei mercati finanziari, con una redditività media a livello operativo del 30,4% dei ricavi netti e un utile netto aggregato di 3,9 milioni (pari a un Roe del 53,4%). Il rapporto tra ricavi netti e patrimoni in consulenza a fine 2009 era lo 0,3%, con l’applicazione, per il 61%, di un mix di commissioni fisse e variabili. Il livello di break-even operativo appariva pari a circa 400 mila euro annui, comunque le società in esame apparivano ben patrimonializzate, con un capitale medio di 283 mila euro, più che doppio del minimo regolamentare (pari a 120 mila euro) e riserve pari mediamente a 141 mila euro. I costi operativi hanno assorbito circa due terzi dei ricavi (65,6%), risultando pari a 12,3 milioni (+4% circa rispetto all’anno precedente), di cui 6,6 milioni per le sole spese per il personale. In base alle analisi svolte da Ascosim i costi fissi di una Sim di consulenza erano stimabili in circa 170 mila euro, mentre quelli variabili erano in media il 51,2% dei ricavi.

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