Promotori – L’attuale contratto va bene così

Più in generale, ritiene che il contratto d’agenzia così come definito dal Codice Civile sia ancora la forma giuridica più idonea a definire l’ambito di attività svolta dai promotori finanziari?

LF: Secondo la personale valutazione la tipologia del contratto di agenzia (prevista per legge insieme al rapporto di lavoro subordinato ed al mandato, vedasi l’art. 31 Tuf) è tuttora di attualità ed è idonea a disciplinare l’ambito di attività del promotore. Trattasi nel concreto di un rapporto contrattuale che nel tempo è venuto a caratterizzarsi da alcuni elementi specifici che oramai lo differenziano nettamente dal contratto dell’agente di commercio tout court: si tratta nella normalità dei casi di rapporto a tempo indeterminato, privo di vincoli territoriali e di esclusiva a vantaggio del promotore e munito di esclusiva di legge (il c.d. “monomandato”) a vantaggio dell’intermediario di appartenenza. Quelli che talvolta vengono intesi come elementi di debolezza del rapporto (ad esempio, il meccanismo di libera e reciproca recedibilità), è innegabile che d’altro canto costituiscano fattori di snellezza, che facilitano al promotore il cambio intermediario. Oltretutto va detto non è impossibile per il promotore finanziario, che ne abbia la forza e che quindi riesca a “trattare” il suo ingresso presso una rete, cercare di ottenere dalla società un contratto di agenzia “cucito su misura”.

Alla luce del prossimo varo dell’Albo dei consulenti finanziari, non si dovrebbe aggiornare il quadro normativo di riferimento del promotore finanziario per ricomprendere anche l’attività di consulenza e “gestione del portafoglio” da svolgersi a favore della clientela? A quale esperienza o forma contrattuale si potrebbe guardare?

LF: Secondo la impostazione normativa attualmente vigente la “gestione patrimoniale” in senso stretto costituisce un servizio di investimento, quindi appannaggio esclusivo degli intermediari abilitati. Dunque viene impedito lo svolgimento di tale attività al promotore (che, se commesso, potrebbe costituire reato di abusivismo finanziario). Ma attenzione, anche ai consulenti e alle società di consulenza (artt. 18 bis e 18 ter Tuf) è impedito lo svolgimento di attività gestoria: costoro suggeriscono ai clienti gli investimenti da effettuare, ma non possono sostituirsi ad essi nelle scelte. Certamente, nell’ipotesi di radicale riforma del settore, si potrebbe consentire ai professionisti (promotori e consulenti) lo svolgimento di attività gestoria, ma non mi sembra che ad oggi (anche alla luce della imminente riforma Ue della Mifid) ve ne siano in conreto le premesse.

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