Veneto Banca è il 12esimo gruppo italiano dopo l’integrazione di Interbanca

Diretto discendente di quella Banca Popolare di Montebelluna fondata nel 1877, tra le prime dodici realtà creditizie a livello italiano, il gruppo Veneto Banca si è messo in luce in questi anni per la sua vivacità e intraprendenza che lo ha portato non solo ad accrescere la rete di sportelli bancari in Italia (sia tramite l’integrazione di altri istituti come Banca di Bergamo, Banca del Garda, Banca Popolare di Intra e più recentemente Carifac e Bancapulia, sia attraverso l’acquisizione di alcuni degli sportelli dismessi dal gruppo Intesa Sanpaolo nel 2007) e all’estero (in particolare nell’Est Europa con l’acquisizione di Eximbank in Moldavia e di Gospodarsko Kreditna Banka, poi ridenominata Veneto Banka, in Croazia), ma anche ad espandere la propria gamma di servizi nel campo del private banking, grazie a una partnership con Banca Intermobiliare (di cui è azionista tramite la partecipazione nella controllante Cofito), nel wealth management e nel merchant banking (tramite la partecipazione in Palladio Finanziaria).

Presente anche online attraverso la controllata Claris Banca, Veneto Banca ha archiviato l’ultimo esercizio con un utile netto di 113,9 milioni di euro, in calo del 5,9% rispetto ai 121 milioni dell’esercizio 2009 e con un rapporto tra sofferenze nette e impieghi salito dal 2,51% del 2009 al 3,19% di fine 2010, ma anche con una raccolta diretta di 24,6 miliardi, in crescita del 38,3% sul 2009 e una raccolta indiretta di 23,7 miliardi, +136,2% rispetto al 2009 (ovvero +3,4% sul dato proforma).

A fine 2010 il gruppo, che con un patrimonio netto di 3,5 miliardi registrava un Core Tier 1 ratio dell’8,05%, un Tier 1 dell’8,7% e un Total Capital ratio del 12,04%, dunque già allineato ai requisiti di Basilea III, operava in tutto il territorio nazionale con 570 filiali oltre ad essere presente in quattro nazioni dell’Est (oltre a Moldavia e Croazia anche Romania e Albania), con poco più di 6.800 dipendenti. Numeri che consentono all’amministratore delegato Vincenzo Consoli e al presidente Flavio Trinca di dormire sonni tranquilli, a differenza di molti loro colleghi, ma che non per questo sembrano bastare a un gruppo dinamico che vuole ulteriormente espandere la sua presenza e che potrebbe approfittare di qualche ulteriore dismissione da parte dei principali concorrenti per rafforzarsi ulteriormente.

Così è del resto avvenuto ancora recentemente, con l’accordo con Cofito (holding facente capo alla famiglia di intermediari torinesi Segre) grazie al quale l’istituto guidato da Consoli, al termine di un’Opa obbligatoria lanciata la scorsa prima vera, è arrivata a detenere il 71,39% di Banca Intermobiliare, “storico” operatore italiano di private banking cui oltre all’omonima rete di promotori finanziari fanno capo, tra l’altro, Symphonia Sgr e la rete di Banca Ipibi. Un accordo che ha consentito a Veneto Banca di salire al dodicesimo posto in Italia per masse amministrate e che per molti ha avuto i contorni di un “salvataggio” per il gruppo torinese, in difficoltà già prima dell’esplodere della crisi finanziaria 2008-2009 e rimasto coinvolto nella crisi del gruppo immobiliare di Danilo Coppola, già socio dell’istituto torinese e suo principale debitore con un’esposizione di alcune centinaia di milioni di euro.

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