Anima e Prima in chat coi promotori – Come investire dopo agosto 2011

Dopo l’ondata di panico che ha travolto i mercati nei mesi estivi, ci si chiede dove (e se) investire per salvaguardare i propri risparmi in attesa di tempi migliori: su quali settori puntare? Come può muoversi il piccolo investitore? A queste e altre domande rispondono in chat  Armando Carcaterra, Direttore Generale di Anima Sgr, Lars Schickentanz, Direttore Investimenti e Responsabile Ufficio Azionario di Prima, e Maurizio Vanzella, Direttore commerciale di Anima.

Dove investire per salvaguardare i nostri risparmi in questa fase? Chiede qualcuno

Lars Schickentanz:
“L’outlook è caratterizzato da un’alta incertezza sulla crescita globale e da preoccupazioni principalmente sulla crisi dell’euro. Noi quindi preferiamo i Paesi emergenti, seguiti dall’America. Teniamo l’area euro come terza scelta”.

Gradirei conoscere la vostra view sui mercati equity dei Paesi Emergenti e dei Paesi Scandinavi.

Lars Schickentanz.
“I Paesi emergenti hanno due grandi vantaggi rispetto all’America o all’Europa: hanno un debito pubblico e privato che è una frazione del nostro e hanno la possibilità di operare un taglio dei tassi: abbiamo visto, appunto, la prima mossa del Brasile pochi giorni fa. Questa è un arma che il mondo sviluppato non ha. Sui Paesi scandinavi senza dubbio c’è tanta sorpresa per la performance della borsa svedese che è quella che ha meglio performato sull’arco di 100 anni! Quindi è ovvio che sul lungo termine sarebbe quella da preferire: appena un’azienda va male in Svezia viene eliminata. Ma se guardiamo la situazione a breve, dopo la decisione della Banca Nazionale Svizzera di porre un limite alla rivalutazione del franco, ci immaginiamo una forte pressione sulle valute scandinave che potrebbe mettere in dubbio la out-performance dei Paesi nordici nei prossimi mesi, così come è avvenuto in Svizzera nell’ultimo anno”.

Ho diversi fondi che investono in area BRIC, con una performance a 3 anni del -30% circa. Che fare?

Maurizio Vanzella
. “Dipende da quale percentuale del suo patrimonio ha investito. Se è una quota minima, può anche pensare di mediare con degli acquisti. Se invece era un po’ sbilanciato con una asset allocation che andava oltre al suo profilo di rischio, è meglio che stia fermo. Non compri e non venda, perché in questi momenti di discesa dei mercati l’errore principale è vendere con l’unico risultato di consolidare la perdita. Quando vende il risparmiatore poi non riesce più a rientrare sul mercato se non a prezzi più alti”.

Ma secondo voi è ancora il caso di investire?

Armando Carcaterra. Questo è un momento difficile: c’è incertezza su questioni fondamentali come il futuro dell’area euro. Quando sono in gioco questioni così importanti, normalmente si aprono delle opportunità con i rischi connessi. Un aspetto che distingue questa fase è la cattiva performance sia delle azioni sia di buona parte delle obbligazioni. Una situazione per nulla comune. In una prospettiva non di 3, ma di 12-18 mesi si dovrebbero aprire delle buone opportunità anche sui mercati azionari, soprattutto se riusciremo a rimettere in piedi l’area euro e ad evitare una recessione nei Paesi avanzati. Le prospettive sono buone. Nervi saldi quindi. Chi in questo momento ha un’esposizione al rischio bassissima, può iniziare a pensare di acquistare.

Nessuno parla delle valutazioni delle azioni europee?

Lars Schickentanz. E’ vero, le valutazioni dei titoli europei storicamente sono relativamente basse, anche se non sono le più basse. Il fattore dominante sull’area euro però è la crisi dell’euro. C’è un rischio sistemico che deprime le valutazioni. Cosa succederebbe in caso di recessione? Dipende: parliamo di una recessione globale o europea? Le stime per l’Europa vanno già verso una crescita economica vicina allo zero. In questo caso pensiamo che non ci dovrebbe essere ulteriore downside. Ma, in caso di recessione globale, tutti i listini hanno ancora spazio per scendere. Potrebbero perdere ancora fino al 20%!

Molti ritengono l’attuale situazione molto grave in quanto i mezzi di politica economica a disposizione di Governi e Banche centrali sono oramai scarsi. Siete d’accordo? Quali stumenti di politica fiscale e monetaria possono evitare una recessione?

Armando Carcaterra. Sicuramente gli interventi sono stati finora massicci e tante cartucce sono state sparate dagli arsenali delle Banche Centrali. I tassi sono a zero negli Stati Uniti da tempo. In Europa la BCE li ha alzati, ma solo dall’1 all’1,5% e ci sono segnali che potrebbe abbassarli nel prossimo futuro. Quindi in Europa lo spazio per abbassare i tassi c’è ancora. Sotto il profilo fiscale ci sono dei problemi perché, come sappiamo, i debiti pubblici sono saliti molto per far fronte ai danni della crisi del 2008-2009 e gli spazi di manovra non sono molto ampi. Ci sono aggiustamenti strutturali che devono necessariamente essere fatti in Europa e Usa sul lungo termine e mosse tattiche per gestire la congiuntura attuale. Certo non si può restringere la politica fiscale eccessivamente in una fase di difficoltà economiche. Non tutte le armi sono scariche. Ben Bernanke ha studiato a fondo la deflazione che, da 20 anni, attanaglia l’economia giapponese e cerca di dotarsi degli strumenti per difendersi da questo rischio anche in America. La sua ricetta è: intervenire subito, intervenire con forza e non smettere di intervenire finchè non si ha un segnale positivo per evitare il radicarsi di aspettative deflazionistiche difficili da debellare. Tanto può essere ancora fatto e abbiamo fiducia nelle possibilità della politica economica di aiutarci a uscire dalla crisi.

Su quali settori puntare?

Lars Schickentanz. In questo momento preferiamo, dove possibile, settori che hanno asset reali: petroliferi e minerari ad esempio. Questa è una grossa fetta del portafoglio. Un’altra scommessa che continueremo è quella sul consumatore globale. Riteniamo che i tassi rimarranno bassi fino al 2013 e il consumatore è in una salute abbastanza buona. Nei consumi dei Paesi emergenti, per ora, non c’è nessun segnale di rallentamento. Siamo meno positivi sui temi domestici se non hanno il supporto di dividendi, come il settore finanziario, utility o simili.

La cosa più semplice per il piccolo investitore? (S)vendere tutto a prezzi stracciati?

Maurizio Vanzella.
Si tratta, credo, di un’ironica provocazione. Oggi invece bisogna cercare di spostare l’attenzione del risparmiatore dall’emotività alla razionaliìtà. Il bravo consulente finanziario lo sta facendo. Noi vediamo anche dagli attestati di stima che arrivano a queste chat, da migliaia di persone che si collegano, che c’è un gran bisogno da parte dei promotori di essere attivi e contattare il cliente risparmiatore.

Questa è una crisi del debito, delle obbligazioni governative. Non ritenete che investire nell’economia reale, cioè in azioni, possa dare maggiori tranquillità a un risparmiatore?

Armando Carcaterra. C’è una logica nel quesito. E’ chiaro che asset diverse hanno volatilità diverse e quindi normalmente c’è una maggior rischiosità nelle azioni che nelle obbligazioni, anche se quest’anno le performance dei titoli di Stato sono state particolarmente volatili. La crisi del debito potrebbe diventare, come è successo nel 2008, una crisi economica. In questo caso le prospettive aziendali peggiorerebbero ed un investimento azionario non ci salverebbe. Lo scenario più probabile non prevede, però, una recessione complessiva e in questo caso ci dovrebbero essere spazi di recupero anche importanti per i mercati azionari. A medio termine, 1-3 anni, potremmo trovarci con dei ritorni interessanti.

In che misura quel che accade è dovuto a un eccesso di speculazione?

Armando Carcaterra. Più che per il futuro, questa riflessione vale per il passato. Alcuni eccessi che si sono visti possono essere ascritti anche ad un’eccessiva speculazione, un eccessivo uso della leva finanziaria, ma questo vale per tutti gli attori. Anche i compratori di case negli anni del boom non si sono comportati in modo tanto razionale. Tutta questa crisi, dal 2007 ad ora, è figlia di questa eccessiva finanziarizzazione dell’economia. E’ un punto importante e probabilmente le misure che sperabilmente ci permetteranno di uscire faranno anche in modo di evitare che la finanziarizzazione proceda.

Lars Schickentanz.
Si cerca sempre un colpevole quando le cose non vanno bene, ma non c’è un colpevole. Si è visto in mille studi che lo short selling non ha nessun impatto sulle borse. La crisi del petrolio, la depressione del 1929 e la deflazione del Giappone sono avvenute in assenza di short selling.

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