Da Bipop Carire a UniCredit, l’evoluzione di una rete italiana

L’articolata storia di Fineco inizia alla fine degli anni Settanta e prosegue nei decenni successivi attraverso fusioni, integrazioni e riorganizzazioni. Nel 1990, la acquisisce la Banca Popolare di Brescia. Nel febbraio del 1999, dalla fusione per incorporazione della Cassa di Risparmio di Reggio Emilia con la Popolare di Brescia nasce Bipop Carire. Fineco segue la controllante in questo percorso, finendo sotto il cappello del nuovo istituto. Al termine dello stesso anno, prende la forma della banca che conosciamo oggi e si propone come società specializzata nel trading online.

Nel marzo del 2000, l’a.d. Alessandro Foti dichiara che la società, per far fronte alla concorrenza, “si sta muovendo con una proposta più vicina alla finanza online che al trading online, cercando di fornire informazioni sofisticate e facilmente fruibili e curando la parte customer care”. Nel 2000, ai servizi già esistenti si aggiungono quelli di consulenza finanziaria, con una rete propria di promotori. Nei primi anni del nuovo millennio, il crollo borsistico delle società della New Economy affossa i progetti di quotazione a Piazza Affari. Nel 2002, Bipop Carire si integra con la Banca di Roma e costituisce il gruppo Capitalia. Nel 2007 Capitalia entra in UniCredit, dando vita a UniCredit Group. Fineco, dal canto suo, si fonde con Xelion.

Il marchio che fino a quel momento ha definito la rete dei promotori di UniCredit scompare, rimpiazzato dal più noto brand Fineco. Nel frattempo, la banca ha lanciato un lungo elenco di servizi. Tra i più recenti, ce ne sono due: Core Series e Fineco Advice. Il primo, spiega oggi Foti, “offre l’eccellenza della nostra architettura aperta con strategie di costruzione del portafoglio basate su metodologie quantitative in grado di garantire livelli elevati di diversificazione anche per importi di investimento contenuti”. Il secondo è il servizio di consulenza “fee based” di Fineco, dedicato a una clientela alta e finalizzato alla diagnosi del portafoglio e all’individuazione del profilo di rischio e dell’orizzonte temporale del cliente. “È privo di conflitto di interesse”, garantisce Foti, “perché il promotore e la banca non sono remunerati sulla base dei prodotti venduti, ma con una parcella collegata agli obiettivi del cliente”. E la storia continua.

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