Colafrancesco (Assoreti): “Puntiamo sulla relazione professionale”

E’ stato un discorso di largo respiro su passato, presente e futuro dell’industria della consulenza finanziaria quello svolto da Matteo Colafrancesco, presidente di Assoreti, in apertura del convegno della sua associazione nel lussuoso contesto dell’hotel Quisisana di Capri. Con tre temi in primo piano: innovazione, educazione e valore nella prestazione del servizio di consulenza.

Opportunità e rischi dei Robo-Advisor. Relativamente all’innovazione, Colafrancesco è partito dai dati dalla ricerca della società di consulenza Scratch (gruppo Viacom), secondo cui il 73% dei risparmiatori della generazione dei millennials, nata dagli anni ’80 in poi, sarebbe più attratto da un’offerta di servizi finanziari da parte di operatori non bancari come Google, Amazon, Apple, PayPal. Dunque, le reti dei cf non possono ignorare questa sfida e questo cambiamento portato in dote dalla tecnologia. Anche se Colafrancesco ha ammonito che la tecnologia comporta il rischio “di una standardizzazione delle raccomandazioni che, se ripetute allo stesso modo da più roboadvisor, potrebbero determinare scelte di investimento di tipo massivo con effetti non prevedibili per i mercati e per gli emittenti”.

Nella relazione complessa vince il consulente. Ecco allora che l’importanza del saper gestire l’innovazione tecnologica mostra, secondo Colafrancesco,  un primo limite dell’innovazione tecnologica stessa. Infatti, a detta del presidente di Assoreti, “il bisogno del cliente, deve essere interpretato, volta per volta e, paradossalmente, ma forse neanche tanto, l’uomo è più duttile di qualsiasi algoritmo. Ma deve essere supportato da strumenti all’avanguardia”.  Di conseguenza, è’ inevitabile che la relazione semplice sarà standardizzata, automatizzata abbassi costi industriali; mentre la relazione complessa dovrà essere gestita, e l’innovazione sarà anche nel saperla interpretare, per dare fiducia, per dare sicurezza.

Costo dei servizi collegato alla creazione di valore per il cliente. Le esperienze americane e britanniche – ha rilevato nella sua relazione il presidente di Assoreti – insegnano che il cammino e l’offerta di servizi finanziari andranno dipanandosi sulle due vie: l’automazione e la relazione professionale. “Noi puntiamo sulla seconda”, ha detto Colafrancesco, “dove il costo che alla fine dovrà essere sopportato dal consumatore finale dovrà necessariamente corrispondere alla creazione di valore per lo stesso, insito nella gestione efficiente di una relazione complessa”.

Con la Mifid 2 il passaggio dalla logica di prodotto a quella di servizio. Gran parte della relazione del presidente di Assoreti è stata dedicata alla direttiva Mifid 2 che rafforza il modello consulenziale delle reti. “Lo fa”, ha detto Colafrancesco, “non presupponendo più, a differenza di oggi, che una raccomandazione di un prodotto adeguato a un profilo disegnato da un questionario, sia automaticamente considerata come volta a rafforzare la qualità del servizio reso al cliente. Viceversa l’intermediario dovrà verificare di volta in volta se la raccomandazione fornita accresca la qualità del servizio reso al cliente”.  La conclusione del presidente di Assoreti e di Fideuram Ispb è che “torna prepotentemente l’uomo, il capitale umano, il valore che può essere espresso nel generare un rapporto basato sulla fiducia”.  I mercati sono infatti complessi: “accanto a variabili note”, ha aggiunto Colafrancesco, “possono interagire variabili meno prevedibili (attentati, vicende politiche, n.d.r. ) rispetto alle quali la mediazione dell’intelligenza umana potrebbe rivelarsi più efficace dell’intelligenza artificiale, per sua natura anelastica”. Di conseguenza, a detta del presidente di Assoreti, “il passaggio, nell’offerta di questa consulenza, da una logica di vendita di prodotto ad una logica di servizio, impresso a partire dalla prima Mifid e definito chiaramente nella seconda, sottende inevitabilmente l’instaurazione di una relazione umana con il cliente”.

Presto le modifiche al Codice di comportamento. Colafrancesco ha ricordato come la sua associazione sta ponendo alcune modifiche al proprio Codice di comportamento, “vero gioiello dell’autodisciplina con cui vennero anticipate negli anni ’80 le principali regole di comportamento nella relazione con la clientela” che poi sarebbero state recepite dalla normativa di settore. Un passaggio dedicato anche all’educazione finanziaria che, per le reti di cf, “è innanzitutto la formazione del consulente finanziario stesso, anche nel fornirgli gli strumenti per supportare l’investitore nella relazione con l’innovazione tecnologica”. È infatti alto, secondo Colafrancesco, il pericolo che l’investitore possa cadere nella trappola della fiducia eccessiva nello strumento tecnologico, soprattutto la generazione dei millennials, “avvezzi sin troppo all’uso dei social e molto poco alla conoscenza dei prodotti finanziari”.

Cliente da educare all’investimento consapevole. Il consulente finanziario deve dunque  rimanere una guida per il cliente, senza sostituirsi a lui nell’assunzione delle scelte di investimento. Anche il cliente va quindi educato, “sia all’uso corretto della macchina, sia all’assunzione consapevole delle scelte di investimento, imparando egli per primo a conoscere se stesso”.

Strumenti finanziari, no alle restrizioni. Un passaggio conclusivo della relazione di Colafrancesco è stato dedicato all’Esma , che “ha posto in consultazione delle linee guida per l’applicazione della Mifid che, se ispirate a una logica di cieca fedeltà a tale disciplina, conducono al risultato di mortificare proprio la consulenza di portafoglio”. Il divieto di offrire ai clienti i prodotti ritenuti ad essi ex ante non adatti, per Colafrancesco impedirebbe di “poterli inserire anche in quantità minime nei portafogli in cui invece essi potrebbero assolvere a un’esigenza di diversificazione”. L’Assoreti ha  dunque presentato alcune proposte per integrare le linee guida dell’Esma, affinché  le raccomandazioni di determinati strumenti finanziari non ricompresi nel mercato di riferimento del cliente “possano rappresentare una eventualità normale e non eccezionale”, ha detto Colafrancesco, “discendente dalla corretta applicazione del test di adeguatezza sul portafoglio complessivo del client2.

 

 

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