Scontro liquidità tra banche e reti

Il 2012 non è iniziato sotto la migliore stella per il mondo del risparmio gestito italiano, con riscatti netti pari a 3,96 miliardi di euro dopo che lo scorso anno si era già chiuso con quasi 41 miliardi di disinvestimenti netti. Il problema non sembra imputabile ai promotori finanziari, visto che secondo i dati Assoreti le reti di pf del Belpaese hanno chiuso il primo mese dell’anno con una raccolta netta positiva per 791 milioni di euro, in calo rispetto al mese precedente (quando era stata positiva per 1,9 miliardi di euro), ma con volumi superiori al gennaio 2011 (quando ci si era fermati a un dato positivo per 568 milioni di euro).

Il problema principale, hanno confermato a BLUERATING diversi analisti finanziari italiani, resta quello della concorrenza diretta del canale bancario, che drena liquidità offrendo strumenti quali i conti di deposito a elevata remunerazione, obbligando di fatto molte reti a “inseguire” a loro volta con prodotti analoghi che se da un lato consentono di fidelizzare la clientela dall’altro tolgono spazio a fondi e gestioni e dunque rischiano di incidere sulla redditività tanto per le mandanti quanto per i promotori, portando a un ulteriore prevedibile incremento della concorrenza nel settore e quindi, potenzialmente, mettendo a rischio i conti degli operatori marginali. Se questo scenario è rimasto sostanzialmente inalterato per tutto il 2011, cosa è cambiato dopo le due operazioni di rifinanziamento a lungo termine (Ltro) con cui la Banca centrale europea guidata dall’ex governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, ha offerto tra dicembre e fine febbraio oltre mille miliardi di euro di liquidità a tre anni a bassissimo costo (l’1%)? Nell’immediato probabilmente poco, perché almeno fino a giugno, quando si saprà il verdetto definitivo dell’Eba (European banking authority) riguardo all’adeguatezza dei coefficienti patrimoniali delle principali banche del Vecchio Continente la necessità di “funding” delle banche resterà un tema dominante.

La sensazione è però che essersi assicurati somme importanti per il prossimo triennio abbia ridotto le necessità più impellenti per molti istituti, che dunque potrebbero gradualmente spostare il focus della propria offerta commerciale dalla gestione di liquidità nuovamente all’attività c r e d i t i z i a , venendo così incontro alla domanda che proviene tanto da imprese e famiglie quanto dal mondo politico di evitare il più possibile di “strozzare il credito”.

Un’accusa che le banche respingono fermamente, ma i dati di Bankitalia non sembrano lasciare molti dubbi: a gennaio il tasso di crescita dei prestiti erogati dalle banche ai privati (imprese e famiglie) è calato all’1,6% dal 2,3 % di fine dicembre, proseguendo un calo in atto da oltre un anno (nel gennaio del 2011 la crescita dei prestiti erogati alla clientela privata era risultata pari al 4,8%). La stretta è particolarmente marcata per le aziende, mentre per le famiglie i rubinetti del credito non sono ancora del tutto chiusi (e infatti la crescita dei prestiti si riduce dal +3,4% di dicembre al +3,1%).

Nel frattempo sono saliti ulteriormente i tassi di interesse a cui i prestiti vengono concessi: a gennaio i tassi applicati ai prestiti fino a un milione di euro sono risultati pari al 5,01% su base annua contro il 3,26% dell’anno sempre secondo i dati diffusi da Bankitalia (che nota come anche a fine dicembre il tasso medio era inferiore e pari al 4,98%). Se le pmi pagano caro il denaro quando lo riescono ad ottenere, le grandi imprese non vanno molto meglio: sui prestiti superiori al milione di euro il tasso medio è salito al 3,47% a fine gennaio rispetto al 2,35% medio applicato un anno prima (ma in questo caso, almeno, si registra una lieve flessione rispetto a dicembre, quando il tasso medio era pari al 3,8%).

Il denaro distribuito così copiosamente da Draghi per il momento, insomma, non sembra essere entrato nel sistema e infatti gli ultimi dati indicano che i depositi overnight detenuti dalle banche europee presso la stessa Bce (e remunerati appena lo 0,25%, dunque meno del costo a cui sono stati erogati) erano pari a circa 800,5 miliardi di euro: come dire che l’80% della liquidità distribuita alle banche non ha ancora lasciato le casseforti di Eurotower, mentre il 20% già impiegato in larga parte è finito nell’acquisto di titoli di Stato (in particolare italiani e spagnoli) per sfruttare il differenziale di rendimento attraverso operazioni di “carry trade”. Solo nei prossimi mesi per le reti la concorrenza del canale bancario sul fronte della raccolta della liquidità potrebbe allentarsi, specie se le performance dei prodotti di risparmio gestito continueranno a essere positive e sempre che l’inflazione da un lato e lo stato (con le proprie manovre fiscali) dall’altro non finiscano col ridurre ulteriormente la percentuale che gli italiani riescono a destinare al risparmio del proprio reddito disponibile.

Vuoi ricevere le notizie di Bluerating direttamente nella tua Inbox? Iscriviti alla nostra newsletter!