Assoreti, chi è il promotore finanziario oltre i confini nazionali

Armonizzazione normativa o no, in Europa non esiste ancora un mercato finanziario integrato che abbia davvero superato le barriere statali: le differenze persistono, e continueranno inevitabilmente a esistere ancora a lungo prima che i Paesi riescano effettivamente a lasciarsi alle spalle una segmentazione storica. Questa la considerazione da cui prende le mosse la seconda parte di un progetto di ricerca realizzato dal Centro Arcelli per gli Studi Monetari e Finanziari (Casmef) della Luiss Guido Carli di Roma in collaborazione con Assoreti.

La seconda parte del progetto – intitolata “Il collocamento e la distribuzione dei prodotti finanziari in Europa” e presentata il 2 aprile scorso a Milano alla presenza del segretario generale di Assoreti, Marco Tofanelli –  si concentra in particolare sulla figura del promotore finanziario e sui suoi equivalenti negli altri Paesi dell’Ue (dal financial investment adviser francese al tied agent inglese, passando per l’empresas de asesoramiento financiero spagnola), analizzando al contempo come cambia lo scenario del risparmio gestito al di fuori dei confini nazionali. Ne emerge che le differenze nella distribuzione dei prodotti finanziari per adesso esistono ancora, e che non per forza questo è un male.

Anzi, guardare agli altri Paesi può essere molto utile per trarre spunti di riflessione e, talvolta, indicazioni da mettere in atto anche in Italia. “Ci stiamo svegliando dall’ubriacatura che ci aveva fatto accettare acriticamente l’idea dell’integrazione”, ha commentato Mario Comana, professore di Economia degli intermediari finanziari alla Luiss Guido Carli, presentando la ricerca. “Certo, a lungo termine questa integrazione dovrà avvenire, ma i fenomeni economici non hanno un’evoluzione lineare, vanno per accelerazioni e rallentamenti, ci vorrà tempo”.

Focalizzandosi poi sulla situazione italiana, la ricerca Casmef evidenzia come la struttura dei canali distributivi nel Paese abbia “subìto negli ultimi anni dei cambiamenti profondi, finalizzati a un recupero di efficienza perseguito tramite il ridimensionamento dei costi dei canali fisici della distribuzione (promotori, agenzie e sportelli) e la corretta articolazione dei canali virtuali e dei punti di accesso al sistema dei pagamenti”. In perticolare, dal punto di vista della razionalizzazione dei canali distributivi, evidenzia lo studio, “la crisi ha da un lato favorito l’uscita delle figure meno valide sotto il profilo professionale, e, dall’altro, prodotto quel miglioramento sul fronte della produttività che spiega la crescita del peso delle reti di promotori sul totale delle attività finanziarie delle famiglie”.

Risultato: “alla fine del 2010, gli sportelli bancari erano diminuiti da 34.036 a 33.640 rispetto al 2009, proseguendo la riduzione già registrata nel periodo precedente”. Ma nonostante un innegabile miglioramento, si conclude, il sistema italiano registra ancora un gap di produttività nei confronti, in particolare, di Francia e Germania. Un gap che va colmato da un lato “agendo sull’articolazione dei canali distributivi fisici e valorizzando la multicanalità” e, dall’altro, incentivando il risparmio sul lungo termine, allungando cioè l’orizzonte temporale di investimento dei risparmiatori italiani – ancora orientati sul breve periodo – e ridimensionando al contempo le masse investite in prodotti a marginalità contenuta.

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