Promotori finanziari al giro di boa

Il resoconto dei primi sei mesi dell’anno non può prescindere da una certezza: l’affare Banca Network – dalle prime voci passando per le indiscrezioni sui possibili pretendenti fino alle battute finali degli ultimi giorni – è stato tra i temi che più hanno tenuto banco. Alla fine ce l’ha fatta, a rimanere sul mercato. La rete dei pf di Banca Network Investimenti (e non la banca) un compratore l’ha trovato: è Consultinvest sim (un miliardo di masse in gestione). A metà giugno la società modenese ha presentato l’offerta vincolante relativa all’acquisizione della rete della banca (guidata da Lucio Di Gaetano) che dal 31 maggio ha avviato la sospensione dei pagamenti e di tutti i conti correnti.

Da contorno, al fine di evitare strumentalizzazioni esterne legate alla posizione di a.d. di Marco Sturmann, rivestita dal novembre 2007 al luglio 2009 in Banca Network Investimenti, è stato concordato già dalle prime fasi della trattativa che nel caso di positiva conclusione dell’operazione, Sturmann avrebbe lasciato ogni incarico nel gruppo Consultinvest. Sta di fatto che, se da una parte è bene rallegrarsi per l’avvenuta chiusura della vicenda, dall’altra il blocco dei conti voluto da Bankitalia si sta rivelando un problema enorme, complice l’effetto psicologico, accanto a quello economico. I correntisti, in panico, sono circa 27mila. E a questo punto, entro la fine di giugno, ovvero alla scadenza dei 30 giorni di sospensione previsti da Bankitalia, gli scenari possibili sono due. Da una parte, gli organi di controllo potrebbero chiedere una proroga di 30 giorni.

Dall’altra, Bankitalia e i rappresentanti del fondo interbancario potranno aver effettivamente portato a termine i controlli del caso e arrivare dunque al redde rationem. Se questo secondo scenario dovesse verificarsi, dopo la dichiarazione di liquidazione coatta amministrativa da parte della Banca d’Italia ci sarà il conto alla rovescia dei 20 giorni per il rimborso. Che quindi, secondo le stime (e le previsioni più rosee), potrebbe arrivare prima della fine dell’estate. Nel frattempo, secondo fonti vicine al dossier, tra i promotori, stimati intorno alle 250 unità (dalle 500 del 2010), non tira buona aria. Alcuni rimarranno dove sono ma una buona metà potrebbe andarsene e la meta più probabile è quella Gaa sim capitanata da Gianmpaolo Abbondio dove Carmine Acquaviva (ex responsabile della rete di Banca Network) ha in atto già da tempo una corposa attività di reclutamento, fatta di promesse di lauti guadagni ai promotori che decidessero di dargli fiducia. Intanto, la tesi formulata nei giorni scorsi dagli organi di stampa, secondo cui la Cassa di Risparmio di Ravenna (che possiede il 50% di Consultinvest sgr) avrebbe rilevato i conti correnti e i depositi titoli della clientela, pare proprio lettera morta. “Non interveniamo in Banca Network”, ha detto Antonio Patuelli, presidente di Cr Ravenna.

“Se i correntisti decideranno di venire da noi a depositare saranno valutati e ne saremo felici”, ha aggiunto, precisando che Cr Ravenna non entrerà nella partita né con salvataggi né con iniezioni di liquidità. La banca oggi conta su circa 70 dipendenti e 27mila clienti. L’istituto aderisce al Fondo per la tutela dei depositi interbancari, quindi i depositi sono tutelati fino a 100mila euro. Il fondo protegge solo i depositi in denaro, dunque forme di investimento come corporate bond, azioni, titoli di Stato e pronti contro termine non sono inclusi nelle garanzie del fondo ma restano di proprietà del cliente, dato che sono solo custoditi dalla banca insolvente (all’interno del conto titoli). E sui numeri c’è poca chiarezza. Sta di fatto che le masse gestite dovrebbero aggirarsi intorno ai 2 miliardi di euro (erano 2,3 a chiusura di 2011, 3 nel 2010 e 3,5 nel 2009). La banca nel 2010 aveva una perdita di oltre 35 milioni e un margine di intermediazione positivo per circa 10 milioni.

Uno sguardo al passato

I problemi in Banca Network sono iniziati nel 2009, quando sia da parte dei clienti sia dai pf sono cominciate varie vertenze e il malcontento nei confronti della mala gestione era palpabile. Ma facciamo un passo indietro. La società nasce nel 2006, dopo aver ereditato le attività di Bipielle.Net, la rete di pf della Popolare di Lodi guidata da Gianpiero Fiorani, che due anni prima aveva a sua volta incorporato un’altra realtà del risparmio gestito tutta italiana quanto a cattiva gestione: il gruppo Area Banca di Federico Tralli e Gianfranco Bertoli. Grazie al lauto pasto lasciato in eredità da Bipielle.Net, le attività di Bni partono in grande: attorno ai 3,9 miliardi di euro e una rete di circa 900 promotori.

Poi arrivano i soci: gli azionisti di maggioranza sono la Sopaf, holding guidata da Giorgio Magnoni e partecipata dal fratello Ruggero (con la partecipazione più rilevante, intorno al 45%), il gruppo assicurativo Aviva, la DeA Partecipazioni (società di private equity del gruppo De Agostini) e il Banco Popolare, tutti con quote non superiori al 15%. Ma il gruppo si scontra subito con la realtà fino a diventare una macchina triturasoldi che ha bisogno di continui aumenti di capitale e dove la gestione si rivela pessima. Ecco che scattano danni reputazionali ed economici tra contenziosi giudiziari (si veda il caso del pf Michele Acquaviva, messo agli arresti domiciliari nel marzo del 2010, su ordine della procura di Napoli, con l’accusa di aver truffato i clienti per una cifra di circa 2 milioni di euro) e la pesante dote lasciata dalla ex Bipielle.Net che, negli anni precedenti, in partnership con Aviva, ha venduto una marea di polizze index linked collegate ai bond di Lehman Brothers.

Poi l’a.d. dell’epoca Marco Sturmann (oggi nel cda della sim di Modena) porta all’attenzione di Bankitalia le criticità della Network, tra cui le perdite non rilevate in bilancio e le difficoltà nel controllo del rischio. E parte una prima ispezione. A quel punto scatta una ricapitalizzazione e si cercano nuove partnership. Ma nel 2011 si chiede ai soci una nuova iniezione di capitale. In alternativa, l’idea è di vendere gli asset. Poi cominciano anche i litigi tra gli azionisti, come quello tra Sopaf e il gruppo DeAgostini, che ingaggiano addirittura un contenzioso in tribunale. DeA Partecipazioni vorrebbe infatti liberarsi da tempo della quota in Bni e cederla ai Magnoni, sulla base di patti parasociali che vengono giudicati però nulli dal giudice (perde la causa). A quel punto, Sopaf mette sul tavolo un versamento in conto futuro aumento di capitale per 2,1 milioni di euro a favore della banca. Ma il 28 novembre 2011 Bankitalia mette l’istituto sotto amministrazione straordinaria nominando due commissari straordinari: Giuseppe Bonsignore e Raffaele Lener.

A quel punto comincia il balletto dei potenziali compratori: Fideuram, la Popolare di Milano, la Popolare di Vicenza. Ma il gruppo non è riuscito a superare i continui contrasti tra soci. Tra i motivi per cui i tempi si sono fatti tanto lunghi c’è il nodo dipendenti della banca e il fondo creato per la copertura dai rischi legali. Due ostacoli che hanno complicato non poco la vita dei commissari, anche per il fatto che l’istituto ha addosso cause da milioni di euro. Così, siamo arrivati a oggi. In data 31 maggio 2012 i due commissari straordinari, con l’autorizzazione della Banca d’Italia, hanno deliberato la sospensione del pagamento delle passività di qualsiasi genere per un mese, con l’esclusione degli strumenti finanziari della clientela. Sta di fatto che, a questo punto, tutti stanno alla finestra. Ma il dito è puntato anche contro Bankitalia che, pur riconoscendo carenze organizzative e nei controlli interni in Banca Network (con relativa multa), non avrebbe messo in luce a sufficienza la gravissima crisi in cui versava l’istituto.

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